IL PARADISO IN PIAZZA DELLA SIGNORIA

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In Piazza della Signoria a Firenze è stata installata una torreggiante creazione di Giuseppe Penone, uno dei massimi esponenti dell’Arte Povera contemporanea. L’opera in questione porta il nome di Abete e si inserisce tra le numerose iniziative svoltesi per celebrare il settecentesimo anniversario della morte dell’Alighieri.

È un’anticipazione della mostra monografica di arte contemporanea “Alberi Inversi” dedicata a Dante e visitabile nelle Gallerie degli Uffizi dal 1 giugno al 12 settembre 2021, ospitante i lavori di Giuseppe Penone. L’opera è un albero di 22 metri il cui tronco ed i rami sono stati realizzati in acciaio inossidabile mediante lavorazioni complesse, disposti a spirale ascendente. Gli elementi cilindrici appoggiati sui rami metallici dell’abete sono stati modellati in bronzo, realizzati da calchi di bambù. L’ispirazione proviene dalla terzina del canto diciottesimo del Paradiso che recita: “l’albero che vive de la cima / e frutta sempre e mai non perde foglia” perifrasi che indica il Paradiso stesso. L’albero a cui è paragonato il Paradiso riceve vita dalla sommità e non dalle radici, ed i suoi rami indicano il grado di ascesa a Dio attraverso i cieli.

Christo, Installation of Wrapped Trees Riehen, 1998
https://christojeanneclaude.net/artworks/wrapped-trees/

Nel nostro caso il misticismo non è stato abbandonato ma ha mutato di significato; il sottotitolo dell’opera è infatti: “La spirale della crescita vegetale, la spirale della conoscenza”. I frutti non sono anime come nella Commedia, ma pezzi di metallo, e l’ascesa è verso una divinità laica: il sapere. Lo stesso autore ha commentato: “Abete in Piazza della Signoria indica lo sviluppo del pensiero che è simile alla spirale di crescita del vegetale“.

Vedendo l’opera però, il collegamento col paradiso sembra sfuggirci. Tipica dell’Arte Povera è infatti la celebrazione del ritorno alla natura come via di fuga dalla razionalità del sistema capitalistico di cui la quotidianità della fine degli anni 60 era intrisa (e lo è oggi ancora di più), anni in cui il movimento ebbe origine. L’Arte Povera “celebrava (…) il ritorno alla natura e ai processi corporei come via d’uscita dalla razionalità borghese repressiva e dal sistema capitalista” racconta Germano Celant. È un’avanguardia che risente l’influenza del ’68 e mette in crisi il rapporto tra significato e significante. Proprio a causa di questo cortocircuito l’opera risulta di difficile comprensione. Il direttore degli Uffizi Eike Schmidt ha sottolineato come Abete sia un ponte tra la Divina Commedia e la contemporaneità. Quest’ultima non deve esentarsi dalle riflessioni che l’opera in sé suggerisce, come gli aspetti ambientali dell’arte, soprattutto nello spazio urbano antropomorfo. Impossibile non pensare all’impatto dell’uomo sulla natura e di come questo minacci l’Eden paradisiaco sostituendolo con una natura metallica.

La collocazione in una piazza non è casuale: tra il tempo della storia e quello della vita, tra passato e presente. Non è stata la prima opera accolta in Piazza della Signoria che ha fatto discutere l’opinione pubblica. Ricordate nel 2017 Big Clay di Urs Fisher? Forse vi tornerà in mente con le parole di Sgarbi che la definì una “mer** gigantesca”. Quest’anno, il Sindaco Nardella, preparato alle critiche, all’inaugurazione dell’installazione ha affermato: “Quando l’arte fa discutere è arte vera, quando sono tutti d’accordo non è più arte, è marketing”

Cos’è l’arte Povera?

Le vicende dell’Arte Povera sono legate alla figura sopra citata del critico d’arte Germano Celant. È proprio Celant, sul finire degli anni Sessanta, a coniare questa definizione e a redigerne il manifesto. L’Arte Povera è un corrente artistica italiana, settentrionale, di stampo sostanzialmente concettuale… Esatto, l’arte del: “ma questo lo sapevo fare anche io!”.

Il movimento è in aperta polemica con le ricerche della Pop Art e si contrappone alla cultura dei consumi, al conformismo, alla mercificazione dell’artista e alla riduzione dell’opera d’arte ad oggetto commercializzabile.

Contrapposizione resa evidente dagli alberi di Penone che sono il simbolo antitetico del consumo immediato.

Giuseppe Penone, Abete, piazza della Signoria, Firenze © photo OKNOstudio

L’Arte Povera promuove il rinnovamento e l’ampliamento dei materiali impiegati dagli artisti: materiali vivi, elementi naturali, legno, metalli, tessuti organici sono affiancati da materiali di origine industriale. Questa duplicità evidenzia la divaricazione tra il mondo naturale e quello del progresso che caratterizza l’Italia dell’epoca. Siamo di fatto negli anni portati in scena da Antonioni in Deserto Rosso, film la cui poetica, per certi aspetti, riporta alla mente l’Arte Povera, con la sua attenzione ai processi di urbanizzazione del panorama urbano. 

L’Arte Povera si fa beffa del mercato dell’arte e gioca con il concetto di prezzo e valore dell’opera artistica, nonostante ciò non riesce a sfuggirgli, ed i lavori dei suoi esponenti oggi valgono cifre esorbitanti. Basti pensare che tra le personalità che hanno ispirato il movimento vi sono Piero Manzoni e Duchamp.

Ma la carica rivoluzionaria di questa avanguardia è data dalla spiritualità, dall’esistenzialismo di cui le opere si fanno carico, mostrando l’artificio dell’arte per mezzo di illusioni. Infatti, essa rigetta il concetto d’arte così come era conosciuto fino a quel momento e lo rivoluziona. La fruizione delle opere pone interrogativi: questa è la genialità del movimento. Il fruitore si chiede perché stia osservando una determinata opera. L’Arte Povera compie una dichiarazione fortissima ma silente sul concetto di rappresentazione, del tutto nuova. Nel silenzio che lascia una tela dipinta interamente di un solo colore rimbomba la voce della propria coscienza. Il fruitore ha un ruolo attivo e risponde alle domande che l’artista gli pone attraverso le opere.Cosa sono? Chi sono? Di cosa posso fidarmi? L’Abete di Penone è reale o è finzione?”

L’Arte Povera riconfigura l’idea del ruolo della natura nell’arte in un modo del tutto diverso dalla Land art (le famose spirali di Robert Smithson e le installazioni di Christo e Jeanne-Claude, celebri per “impacchettare” paesaggi, alberi, e monumenti).

La Land art esce prepotentemente dai musei, si libera dalla galleria e si inserisce intrusivamente nel panorama. Il suo scopo non è comprendere la natura, anzi, è un arte antropocentrica in cui l’artista stravolge il paesaggio. L’Arte Povera al contrario si interroga con umiltà su cosa sia la natura. Predilige le modalità espositive effimere come la performance e l’installazione. 

E tu cosa ne pensi di “Abete” ? Qual è il suo significato? 

Alessia Bici

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