La macchina nelle mani di César

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César Baldaccini, meglio noto come César, nasce nel 1921 a Marsiglia da una famiglia di emigrati toscani.  Il suo impeto verso l’arte lo condusse a studiare Belle Arti prima nella sua città natale poi a Parigi; quest’ultima è stata la città che ha acceso la fiamma del suo genio artistico e che lo ha reso celebre nel panorama internazionale. La sua prima mostra risale al 1954 presso la galleria parigina Lucien Durand, suggella anni e anni di dedizione nel lavorare il ferro, e determina la rottura dall’immagine dello scultore accademico che investe la sua figura. Questo si legge chiaramente nella sua affermazione “il marmo di Carrara era troppo costoso, la vecchia spazzatura era ovunque. Sono diventato uno scultore perché ero povero”. Attenzione: non afferma di essere disperato e di aver scelto di diventare un artista perché senza alternative, ma, la sua affermazione denota la sua indomabile necessità di creare che con il suo genio è riuscito a saziare in modo rivoluzionario e magistrale, nonostante le scarse risorse materiali e di denaro. 

Inoltre, è da collegare alla fatidica data del 1961, anno in cui César si unisce al movimento del Nouveau Réalisme guidato da Pierre Restany. Il Nouveau Réalisme è uno dei grandi movimenti sovversivi del ‘900 che vuole dare risalto all’attività dell’artista e a tutte le azioni che si avvicendano prima di arrivare all’opera conclusa formalmente. Molto spesso impiega oggetti utilizzati, distrutti e rovinati, ma riassemblati e reinterpretati così da dargli un’altra vita e funzione, diventando simbolo di una generazione che distrugge i vecchi valori per crearne di nuovi.

E’  l’azione quindi dell’artista e non l’oggetto in sé a dare senso e significato all’opera d’arte. Dunque, si comprende come la sua scelta di usare rottami come mezzo per animare le sue idee non sia solo dovuto al fatto che non aveva a sua disposizione materiali pregiati, ma anche per il pensiero dominante alla fine del secolo, che vede l’idea più importante dell’aspetto formale nell’opera d’arte. 

“Quando si vede il mio lavoro, ci si rende conto che è puramente fisico, istintivo, ma vi è anche un uomo dietro, con un cervello. Poiché il mio cervello comunica con tutto il resto. E’  il tatto che mette tutta la meccanica dello scultore in movimento: è la materia che guida lo sviluppo dell’immaginazione. A me, una ragazza non mi eccita se non le tocco il posteriore, se non tocco, non succede nulla”.

L’affermazione di Cesar porta una maggiore chiarezza sul perché la maggior parte delle sue opere sono compresse, premute da forze plasmanti esteriori, perché se lui non tocca “non succede nulla”, non gli conferisce vita. 

Negli anni 70’ si innamora di una gigante pressa industriale importata dagli Stati Uniti con cui César inizia a schiacciare le vecchie automobili, nasce così la fortunata serie delle Compressioni. La tecnica è più veloce rispetto a quella delle sculture in ferro saldato, ma il risultato non lascia meno stupefatti. L’artista raccoglie e seleziona oggetti in base a criteri estetici, da queste riflessioni inizia a lavorare con le macchine usate. Oggetti che sono compressi non solo nella forma ma anche nella loro storia, annulla la loro funzione per ricrearla e contestualizzarla, così da far nascere nuove vicende ed emozioni nella mente di chi le mira e ammira. 

Dauphine 1959, 1970 Automobile compressa