LA FERITA APERTA NELLA CULTURA ESPOSTA A PALAZZO STROZZI

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A circa un anno di distanza dalle prime misure adottate dal nostro paese per contenere l’emergenza sanitaria da Covid-19, si è diffusa la tendenza a fare una sorta di bilancio generale alla luce dell’anno passato. Il risultato di questo bilancio, per quanto riguarda l’aspetto legato alla cultura, ci è presentato da JR, artista contemporaneo francese, attraverso “La Ferita”, (The Wound), opera site-specific che sarà visibile fino al 22 agosto 2022.
JR ama definirsi un photograffeur, avendo fuso nella sua carriera la fotografia e la street art in declinazioni sempre più collettive e legate alla dimensione urbana: è uno di quegli artisti che ciclicamente ricorda al pubblico i caratteri dell’arte site-specific, “inscindibilmente connessa al contesto architettonico, politico, sociale, istituzionale e culturale per cui è concepita”, definizione che dobbiamo alla critica coreana Miwon Kwon.

La Ferita vista dall’angolo di Via degli Strozzi

Il 19 marzo 2021 Firenze si sveglia con questa enorme (28m. per 33) Ferita: circa 80 stampe fotografiche su pannelli di alluminio compongono un fotomontaggio anamorfico, a metà strada sulla strada infinita dell’arte e della cultura.
Questo trompe-l’œil che squarcia il palazzo porta con sé diversi riferimenti: nella parte alta si trova una scala fittizia che riproduce l’ingresso verso la Biblioteca dell’Istituto Nazionale di studi sul Rinascimento, realmente ospitata negli spazi del palazzo. A seguire, verso il basso, la riproduzione di celebri opere (non conservate realmente nel palazzo) ci ricorda quanta bellezza si celi dietro quelle mura chiuse dal Covid e, almeno metaforicamente, abbattute da JR.


Un altro lemma che JR utilizza nel suo discorso più che mai poliedrico è quello della corrente settecentesca del rovinismo, che esaltava testimonianze di edifici appartenenti a un tempo ormai trascorso, con una sorta di sospiro nostalgico cui affidarsi in momenti di inquietudine generale, momenti come questo.
JR sceglie il bianco e nero come abito vintage da far indossare a una situazione più che mai attuale, creando un contrasto concettuale molto forte fra impressione del passato e consapevolezza del presente. La scelta b&w, ormai caratterizzante delle sue opere, proietta il fruitore in una dimensione che a primo acchito non gli pare la sua, è per forza qualcosa di passato, è in bianco e nero! E invece no, JR denuncia e punta un enorme occhio di bue sulla situazione culturale contemporanea, che quasi sanguina, in b&w.

La cultura è stato uno dei settori che più ha subito il colpo ma, a differenza di altri, è anche uno di quelli che ha fatto meno rumore nella caduta: le persone che frequentano i musei, i teatri, i cinema e i vari luoghi culturali erano (o sono?) viste spesso come persone che usufruiscono di un qualcosa in più, qualcosa da fare nel tempo libero, quindi queste azioni venivano assoggettate a una dimensione ritenuta quasi futile, un je ne sais quoi di superfluo. Lo è?


JR dimostra che non è così portando moltissime persone (fra cui anche i fortunati studenti riusciti a rimanere a Firenze) a fermarsi davanti alla sua opera: perché le persone si fermano? Forse qualcuno si fermerà per curiosità, ma la curiosità si sa, dura poco ed è presto superata; allora perché con lo sguardo, anche dopo aver vissuto il momento di mera curiosità, si rimane a fissare quella facciata? Perché, nel profondo, qualcuno di noi vorrebbe poter fare un passo dentro quest’opera, perché quello che JR mette a nudo, questa Ferita, è presente in ognuno di noi. Una volta consapevoli (grazie all’azione dell’artista) del senso di nostalgia che proviamo verso i luoghi della cultura, il rischio è quello di fare pace con questo sentimento di nostalgia, di abituarsi: JR sembra condurre con quest’opera una battaglia per far sì che nessuno di noi si abitui all’idea di un museo chiuso.


Dopo tutti questi mesi passati davanti alle porte serrate degli Uffizi, piuttosto che del Bargello o di tutti gli altri fiori all’occhiello di Firenze, questa ferita aperta nella facciata di Palazzo Strozzi diventa, come ha dichiarato il Direttore della Fondazione Arturo Galansino, “un invito a ritrovare un rapporto diretto con l’arte e una sollecitazione per nuove forme di condivisione e partecipazione”.


Sono mesi e mesi che i musei cercano di arrivare più vicini al pubblico, attraverso digitalizzazioni, mostre online e iniziative limitrofe. Per portare il museo dal pubblico non è bastato il digitale (per quanto abbia fatto certo il possibile) ma è stato necessario un artista: per un secondo, davanti a Palazzo Strozzi, si è ricreato il sodalizio fra artista, museo e pubblico. In un momento storico dove nulla sembra trovare un suo equilibrio infatti, JR ha dato uno scossone alto 28 metri e largo 33 alla situazione, riportando all’attenzione del pubblico, della stampa e del mondo accademico che la cultura è una priorità; forse, si tratta solo di cimentarsi alla ricerca di soluzioni nuove e sicure.

Come afferma nel suo libro del 2015 Can art save the world?:

Images are not special. It is what you do with them”.

Daria Passaponti

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