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L’Università degli Studi di Firenze ha istituito per il secondo anno il Master di secondo livello in allestimento e museografia per gli studenti di architettura, ingegneria civile, ingegneria edile e design. Il master si pone l’obiettivo di formare figure professionali in grado di operare nell’ambito della valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese. Le domande di ammissione devono essere presentate entro e non oltre il 18 gennaio 2022, mentre il corso inizierà l’11 marzo 2022 e avrà una durata di dodici mesi. Il corso si suddivide in moduli didattici che affrontano differenti aspetti della disciplina, dalle strategie comunicative e di marketing, allo studio della progettazione dei musei e dei relativi allestimenti, dalla storia della museografia, a studi di design.
Parlare di un Master in museografia può alimentare in noi la curiosità sui musei, in quanto sono luoghi nobili, ricchi, preziosi e densi di significato. Perciò apriamo una breve parentesi sulla loro storia.
Breve accenno alla storia dei musei
Il termine museo deriva dal greco antico e significa “luogo sacro alle Muse” (per la mitologia classica esse erano figlie di Zeus e protettrici delle arti e delle scienze). Il museo è un luogo di conservazione dei reperti storici, scientifici, tecnologici, artistici, archeologici (e potremmo andare avanti un bel po’ nella nostra lista), a servizio della società. Lo scopo primario non è solo quello di conservare, ma anche promuovere la conoscenza e la cultura e ovviamente stimolare il progresso scientifico.
Fino al XVIII le opere d’arte venivano riprodotte dagli artisti su commissione di grandi casate nobiliari che collezionavano tali opere nelle proprie abitazioni. Lo scopo era celebrare le virtù, le qualità e le doti della famiglia mostrandole ad altri nobili, che si sarebbero recati presso la loro abitazione. Come possiamo comprendere, l’accesso a queste opere d’arte era estremamente selettivo; inoltre si tendeva a privilegiare la presenza di un’innumerevole quantità di quadri presso i muri delle stanze principali, piuttosto che avere un singolo quadro attaccato alla parete: si preferiva che gli ospiti rimanessero colpiti dalla quantità dei quadri presenti, piuttosto che dalla loro qualità, peculiarità e originalità. Ecco perché si parla di esposizione dei quadri ad “incrostazione“. Con l’avvento dell’Illuminismo alcuni nobili aprirono le loro collezioni d’arte a un gruppo ristretto di persone che, però, doveva presentare uno specifico status socio-economico e una determinata provenienza. L’avvento di uno spazio espositivo aperto al grande pubblico, senza distinzione alcuna, è avvenuto il 19 settembre 1792 quando il ministro francese Roland sancì il trasferimento di tutte le collezioni appartenenti al sovrano di Francia alla nazione francese: da questo momento le opere iniziarono ad appartenere al pubblico in quanto proprietà dello Stato.
Con L’ascesa al potere di Napoleone Bonaparte si iniziarono a raccogliere le opere d’arte più significative non soltanto della storia di Francia, ma di tutti i Paesi che sarebbero stati gradualmente conquistati dal condottiero francese. L’obiettivo era quello di costituire un museo in grado di raccogliere e documentare lo sviluppo della storia dell’arte, disciplina che di lì a poco sarebbe nata ufficialmente, sul continente europeo. Anche l’Italia ne venne colpita profondamente, perché moltissime sue opere d’arte vennero confiscate e portate in Francia come pegno di guerra (il Bel Paese, infatti, fu conquistato nel 1796 da Napoleone). Non dobbiamo pensare, però, che tutti i pensatori e gli intellettuali francesi fossero concordi con questo atto: molti di loro ritenevano che ciascuna opera d’arte dovesse rimanere ancorata con il territorio che l’aveva vista nascere e per questo non poteva affatto essere sradicata dal suo luogo di origine. Con la caduta di Napoleone Bonaparte, nel 1815, e il Congresso di Vienna, molte opere ritornarono ai rispettivi Paesi di origine e l’Italia, ancora non ufficialmente unificata, si rese conto della ricchezza e vastità delle proprie opere d’arte, le quali necessitarono di essere protette e tutelate. Ciò risultò essere molto complesso dal momento in cui, come abbiamo detto poc’anzi, non esisteva una Italia unita, ma successivamente alla sua nascita venne varato un decreto regio che permise al Governo di sancire che tutti i beni preziosi e le opere d’arte sul territorio italiano dovessero essere riunite in musei provinciali. Inizialmente questa decisione comportò scontento da parte di tutti quei comuni che si sentirono privati delle loro opere e ciò spinse alla creazione di musei civici: si mostrò ancora una volta la necessaria preservazione del rapporto tra l’opera d’arte e il suo territorio a prescindere dalla qualità o dal valore artistico del manufatto.
Qualche pillole di informazione
Dopo questa breve premessa storica è interessante analizzare alcuni musei che sono conosciuti a livello mondiale proprio per le loro caratteristiche peculiari. Partiamo dal primo!
Secondo alcuni studiosi il primo museo della storia risale addirittura al 530 a.C. Siamo in Mesopotamia, per essere più precisi presso l’antico Stato di Ur. La principessa Ennigaldi, figlia dell’ultimo re dell’impero neo-babilonese decise di costituire quello che poi sarà definito come il museo di Ennigaldi-Nanna. Gli scavi archeologici che furono condotti nel tempio/museo riportarono alla luce decine di manufatti ordinati ed etichettati in tre lingue diverse. Il Museo di Alessandria, in Egitto, è considerato, a livello mondiale, come il primo vero museo della storia. Era un edificio dedicato alle Muse che venne eretto da re Tolomeo I, a cavallo tra la fine del 300 a.C. e gli inizi del 200 a.C. Tale luogo non era solo dedicato al culto, ma ospitava anche una comunità scientifica e letteraria. Il primo museo che può definirsi come tale secondo la nostra attuale definizione sono i Musei Capitolini a Roma. Nel 1734 Papa Clemente XII fece costituire il primo museo aperto al pubblico come lo si intende attualmente: in questo museo le opere erano fruibili a tutti e non solo ai legittimi proprietari. Il museo più visitato al mondo è invece il museo del Louvre a Parigi con 8.5 milioni di visitatori all’anno, non considerando ovviamente i due anni di pandemia da COVID-19, che ha abbattuto enormemente la quantità di visitatori ed i musei aperti. Il museo più piccolo al mondo si trova a Monza e si chiama Mimumo. È un Museo da Guinnes dei primati: 2,29 metri quadrati di superficie. Uno dei musei più strani al mondo è il Museo del carro funebre a Barcellona dove sono esposti diciannove collezioni di carri funebri in base al periodo storico. Ad Anzola dell’Emilia, si trova il Museo del gelato: 1000 metri quadrati dedicati a uno dei dolci più buoni e golosi al mondo.
Come possiamo ben comprendere la lista è particolarmente lunga e sicuramente ci sono musei per qualsiasi tipo di visitatore. Una cosa è certa: è importante raggiungere le competenze necessarie ad operare consapevolmente in un ambito complesso e mutevole come quello dei musei. Un buon museo, organizzato in maniera consona al suo scopo, saprà valorizzare il patrimonio culturale materiale, immateriale e paesaggistico di qualsiasi territorio.
Martina Marradi