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Breve Storia del manifesto
Ripercorrere la storia del manifesto ed i suoi elementi dialettici sarebbe impossibile senza nominare il precedente cinese che insieme alle impaginazioni figurate egiziane e Sumere di testi geroglifici costituiscono gli antenati del manifesto.
La storia del manifesto, e della pubblicità in generale, ha origini antichissime: Pompei ad esempio è ricca di testimonianze che rivelano già un linguaggio pubblicitario. Ne sono la prova i reperti strappati alla lava come la colonna ritrovata a Ercolano nel 1897, ancora ricoperta di manifesti scritti su papiro e sovrapposti gli uni sugli altri.
I primi avvisi propriamente detti furono monopolio dello Stato e della Chiesa che quest’ultima usava per la concessione delle indulgenze, mentre lo Stato adoperava come avvisi per il reclutamento dei volontari.
A partire dalla seconda metà dell’Ottocento inizia a formarsi un linguaggio informativo sintetico e psicologicamente suadente: si ha così la trasformazione dell’avviso e dell’editto in manifesto per mezzo dell’abbreviazione dei testi e dell’ingigantimento delle vignette. Seguiranno le prime leggi disciplinanti l’affissione, e sul piano tecnico e strumentale possiamo constatare come l’invenzione della litografia, della cromolitografia ed i primi esperimenti di fotografia a colore siano diventati i mezzi più consoni allo sviluppo di questo mezzo comunicativo.
Data la rarità e l’irreperibilità di molti pezzi, fissare un itinerario dell’evoluzione del manifesto non è impresa facile.
Storia del manifesto
Verso la fine del XIX secolo le arti grafiche si esprimevano soprattutto attraverso la produzione di grandi poster pubblicitari in stile Art Nouveau: questo tipo di arte per il mondo del commercio era spesso seguita da un’unica figura che era insieme artista, designer e architetto, e per questo era fortemente influenzata dalle tendenze del tempo delle belle arti, dell’arte applicata e dell’Arts and Crafts. Durante la Belle Epoque in Francia, le mostre di manifesti proliferarono. Tra i grafici più celebri: Jules Cheret, Toulouse-Lautrec e Alphonse Mucha.
Non meno importante fu il caricaturista italiano Leonetto Cappiello,il quale ebbe molto successo a Parigi nei primi anni del Novecento. Cappiello rifiutò il dettaglio dell’Art Nouveau e si concentrò sulla creazione di una semplice immagine, spesso umoristica, che avrebbe immediatamente catturato l’attenzione dello spettatore. Grazie alle officine cromolitografiche è stato possibile lo sviluppo e la diffusione del manifesto in Italia, come la casa editrice italiana di edizioni musicali “Casa Ricordi”, che nel 1885 iniziò a stampare manifesti artistici e pubblicitari.
Solo all’inizio del XX secolo vennero utilizzate le cosiddette arti grafiche per creare delle immagini aziendali complete. Nel 1907, l’architetto e designer Peter Behrens fu nominato consulente artistico presso la casa tedesca AEG. La nascita di questa nuova disciplina portò alla creazione dell’American Institute of Graphic Art di New York nel 1914, la prima organizzazione fondata appositamente per la promozione di un’arte grafica.
Con la prima guerra mondiale l’importanza del disegno grafico come strumento di propaganda si impose definitivamente. La guerra inaugurò la più grande campagna pubblicitaria mai creata fino al momento, fondamentale per la raccolta di denaro, il reclutamento di soldati e l’incentivazione degli sforzi di volontariato, e la provocazione di sdegno nei confronti del nemico.
Abbiamo tutti presente il poster di chiamata alle armi creato da James Montgomery Flagg con la scritta “I Want You For US Army” e l’immagine dello zio Sam. Dopo la prima guerra mondiale i nuovi movimenti artistici come il futurismo, il costruttivismo e il neoplasticismo ebbero anche loro un profondo impatto sull’evoluzione del disegno grafico e i disegnatori, influenzati da questi impulsi avanguardisti in concomitanza al Bauhaus e al de Stijl, svilupparono un nuovo approccio razionale nei confronti del disegno che comprendeva l’uso di forme geometriche e linee semplici.
Prima e durante la Seconda Guerra Mondiale con la scuola Svizzera, che si basava sull’evoluzione della Bauhaus per creare una forma moderna di disegno grafico, emerse lo stile grafico internazionale, con un’estetica riduttiva che incorpora molti spazi bianchi e si basa sul precetto modernista secondo il quale la forma segue la funzione.
Durante la Seconda Guerra Mondiale i disegnatori grafici producevano poster per la propaganda caratterizzati da purezza formale e economia estetica: venivano fuse insieme immagini e slogan attraverso un messaggio informativo più diretto possibile.
Dagli anni posteriori alla guerra fino alla fine degli anni ‘50 ci fu un aumento dell’uso del design come strumento di marketing che portò a una maggiore specializzazione del settore. La professione del grafico fu riconosciuta non solo come una vocazione all’interno del design ma come settore a parte. Nonostante le tensioni della Guerra Fredda, la fine della Seconda Guerra Mondiale portò ad un incremento delle nascite e alla formazione di una nuova società dei consumi, grazie all’arrivo della televisione, dei viaggi in aereo e dei marchi internazionali. Nel 1958 il teorico della comunicazione Marshall McLuhan intraprese uno studio sulla comunicazione del settore con il libro “The Medium Is the Massage” il cui titolo nasconde il gioco di parole con il termine «mass age»: l’epoca delle masse, alludendo all’appiattimento culturale da parte dei mass-media e al fatto che l’immagine fosse divenuta più importante del contenuto.
Verso la fine degli anni ‘60 le teorie moderniste furono messe in discussione. Una nuova generazione di grafici inizia a sperimentare con creazioni più espressive influenzati dalla Pop Art. La cultura della droga e l’alienazione politica portarono agli apici il ruolo del poster ormai divenuto psichedelico, richiamando le immagini della Optical-Art e delle opere surrealiste.
Sempre in questi anni il disegno grafico allarga ancora di più il suo campo ai nuovi settori della comunicazione visiva con mezzi quali la televisione e il cinema, sfruttando i grandi cambiamenti avvenuti nella tecnologia e nella stampa fotografica.
Anche negli anni ‘70 il disegno grafico fu collegato al marketing attraverso il linguaggio universale del capitalismo industriale, in un tentativo di competere con maggiore efficacia in un mondo caratterizzato dalla sempre crescente globalizzazione.
Il periodo del new age del design grafico assiste alla nascita di poster in vera e propria antitesi con i precetti della Scuola Svizzera. Viene abbandonato il modernismo e e nasce il movimento punk che è un catalizzatore della nuova visione grafica inglese di quegli anni. Si tratta del New Wave o Swiss Punk Typography con una grafica caratterizzata dallo stile anarchico e aggressivo che cattura l’energia e la rabbia interiore dei giovani. Una nuova ondata di disegnatori post moderni invase l’Olanda e l’America conservando alcuni elementi della scuola svizzera ma capovolgendone gli schemi. Incorporarono al modernismo la fotografia, il cinema e riferimenti culturali eclettici. Questa New Wave adottò al posto dell’oggettività modernista una soggettività post-moderna ispirata ai nuovi mezzi di comunicazione elettronici. (Nel 1976 nasce la multinazionale Apple)
Negli anni ‘80 i grandi brand compresero che un disegno grafico all’avanguardia poteva conferire ai loro prodotti un vantaggio sulla concorrenza, così puntarono ad instillare nel consumatore un senso di appartenenza e a proiettare aspirazioni e desideri contenuti dell’idea che il marchio rappresentava. Attivisti e artisti come il collettivo Gran Fury e Keith Haring sfruttarono il potere del manifesto come strumento di comunicazione di massa e di costruzione della comunità per promuovere la consapevolezza durante la crisi globale dell’AIDS.
Oggi siamo di fronte a un pluralismo espressivo prodotto dalla globalizzazione e dal desiderio di individualismo dei designer. Ed oggi, più che mai sommersi dalle immagini, che i grafici hanno una responsabilità rilevante ed un potere di persuasione che può alterare il punto di vista delle persone riguardo temi importanti.
È il momento in cui i professionisti di questo settore dovrebbero far leva a favore dell’impegno sociale più che su quello commerciale per rappresentare un cambiamento sociale significativo.
Manifesti a Firenze e dintorni
La fotografa Marialba Russo presenta la mostra Cult Fiction al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, mostra visitabile fino al 6 giugno 2021. È esposta per la prima volta la serie fotografica dedicata ai manifesti dei film a luci rosse apparsi nelle strade di Napoli e Aversa.
Marialba Russo documenta e descrive con la sua serie un cinema (“di genere”) quasi tutto al maschile in cui la figura femminile è considerata un oggetto di possesso e la condizione della donna viene rappresentata da manifesti spesso grotteschi dai titoli quasi comici.
Alla mostra troverete oltre 60 scatti dei poster che tappezzavano i muri italiani negli anni 1978-1980, gli anni dell’apertura delle prime sale cinematografiche specializzate in Italia.
Gli scatti riproducono l’impatto della pubblicità parlando da una parte della spinta alla liberazione sessuale di quegli anni, dall’altra anche di una mercificazione del corpo femminile. Le fotografie documentano La rivoluzione culturale, politica e sociale degli anni Settanta.
Il poster da sempre è portavoce di rivoluzione e mostra la società senza veli: basti pensare alla rappresentazione della donna come quella razzista e xenofoba delle varie etnie nel corso della storia. Il manifesto ritrae infatti uno spaccato antropologico della mentalità delle epoche passate ed analizzandolo possiamo notare come il pensiero collettivo muti nel tempo.
Sempre a tema manifesti e affissioni, a Firenze appaiono per le strade della città manifesti di volti accomunati dalla scritta “fragile” in una mostra diffusa a cielo aperto.
Ci riferiamo ai manifesti di Ache77, stencil artist e serigrafo, per Voce Amica, visibili fino al 15 giugno, opere contemporanee che stimolano la riflessione sui temi della solitudine, l’accoglienza e l’ascolto.
Telefono Voce Amica Firenze OdV è un’associazione di volontariato nata a Firenze il 16 ottobre 1963, svolge esclusivamente un servizio di ascolto telefonico in forma completamente anonima, offerto a chiunque senta il desiderio di parlare con qualcuno, perché solo o in situazione di disagio. Il servizio è gratuito e attivo tutti i giorni, festività comprese, dalle 16 alle 6 del mattino seguente al numero 055 2478 666.
Alessia Bicci