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Il repertorio artistico di Santa Maria Nuova possiede un inedito gioiello, si tratta del Crocifisso di Francesco da Sangallo (Francesco Giamberti; Firenze, 1494 – Firenze, 1576) che finalmente può essere ammirato da parte del pubblico, dopo il restauro terminato nel 2009. Infatti, dopo il ripristino del suo originario splendore, solo nel 2013 è stato mostrato al pubblico per la prima volta, dopo due secoli, in occasione della mostra I Sangallo – Una famiglia di scultori, presso il Palazzo Municipale di Pontassieve.
L’opera fu realizzata tra il 1515 e il 1525 per l’ospedale di Santa Maria Nuova. Il complesso architettonico fu fondato da Folco Portinari nel 1288, il padre di Beatrice Portinari, quest’ultima tanto amata sia in vita che in morte da Dante Alighieri.

foto di Francesco Bini
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Alto 184 centimetri e largo 178, l’artista è riuscito a cogliere Cristo nella sua bellezza sofferente, trattenuta e accettata; nel candore ancora vivo e pulsante nelle vene del corpo; oltre che nella sua potenza, vista la sua evidente resa muscolare, nel momento in cui esala l’ultimo respiro.
Quest’ultima caratteristica anatomica, resa perfettamente dall’artista, si ipotizza derivi dalla sua possibilità di attingere agli spazi dell’ospedale. Come spiega Esther Diana, responsabile Settore Biblioteca, Ricerca ed Editoria della Fondazione Santa Maria Nuova Onlus: “Già a partire dal Quattrocento l’ospedale di Santa Maria Nuova è frequentato da molti artisti. Il nosocomio offriva loro la possibilità di studiare da vicino il corpo umano ricavandone conoscenze fondamentali per le opere. Anche Francesco da Sangallo, come Leonardo da Vinci, deve aver passato molte ore qui, a studiare. La perfezione dei dettagli anatomici di questo Crocifisso ne è la dimostrazione. L’immagine del Cristo sulla croce, in un ospedale, aveva finalità ben precise in un’epoca in cui la malattia era considerata la punizione per un peccato commesso: doveva ispirare umiltà, trasmettere conforto e indicare la giusta strada verso la redenzione. Inoltre, le predicazioni di Girolamo Savonarola avevano contribuito ad accrescere il culto del Crocifisso. La sua raffigurazione si diffonde quindi all’interno dell’ospedale, sugli altari e in corsia. A Santa Maria Nuova se ne contano almeno 13, in legno o cartapesta, a dimensione naturale, provenienti da importanti botteghe o di autori anonimi”.

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Prima di operare il restauro su un manufatto si attuano degli esami diagnostici, così detti perché volti a ricavare una diagnosi dell’oggetto, ovvero constatarne le parti in ‘salute’ e quelle ‘malate’ al fine di capire come operare nella fase di restauro. Le indagini hanno confermato la modalità con cui Francesco realizzò l’opera, attraverso l’assemblaggio di tre blocchi di tiglio, materiale che secondo Giorgio Vasari era il migliore tra tutti i legni. In seguito, il restauro ha permesso il rafforzamento della struttura lignea, tramite iniezioni di resina acrilica.

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Tra le numerose operazioni che si sono susseguite nella fase di ripristino, curioso è notare che prima di questo intervento il crocifisso presentava uno strato di pittura scura. Probabile che sia stata stesa nel corso dell’Ottocento, quando la maggior parte dei crocifissi lignei erano sottoposti a questo trattamento per renderli di aspetto bronzeo, perché all’epoca era molto più apprezzato del legno.
È grazie al lavoro e all’impegno di due borsiste dell’Università degli Studi di Firenze, Dottoresse Romina Origlia e Francesca Maria Bacci, che il Crocifisso di Francesco da Sangallo è stato ricollocato. Il Salone di Martino V diviene così tappa fondamentale nel percorso museale di Santa Maria Nuova, inaugurato nel 2016. Questa monumentale stanza venne creata nel 1720 dallo Spedalingo Giuseppe Maria Martellini, e oggi ha lo scopo di accoglierci per permetterci di contemplare le opere artistiche esposte, tra cui il tanto atteso Crocifisso di Francesco Da Sangallo.
Beatrice Carrara