LE NOVITÀ DEL DIDA – UNIFI

Tempo di lettura: 3 minuti.

Il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze ha riscontato e ufficializzato un’intesa molto promettente con il Museo delle Terre Nuove. Si tratta di una cooperazione che vedrà i due Enti collaborare su vari fronti: nell’ampliamento della ricerca universitaria e nelle attività museali,  per consentire il progresso della comunità cittadina, trattando anche il tema dello sviluppo urbanistico in un’ottica ecosostenibile. Una sinergia, che avrà durata di tre anni, che guarda al futuro urbanistico e al progresso della ricerca, in poche parole alla salute culturale e infrastrutturale di tutta la comunità.

A riguardo di questa iniziativa entusiasmante, Fabio Franchi, Assessore della cultura del Comune di San Giovanni, afferma alla stampa: “Il Museo delle Terre Nuove ha da sempre una mission molto articolata che lo pone non solo come custode della storia di San Giovanni e delle Terre Nuove, ma anche come centro di riflessione sulla contemporaneità e lo sviluppo delle città. La collaborazione, finalizzata allo studio con il dipartimento di Architettura, rientra proprio in questo ambito e prevede l’organizzazione di iniziative per riflettere sul funzionamento della città, sul significato della pianificazione e sul nuovo volto delle realtà contemporanee, tra sostenibilità e le recenti necessità portate dalla pandemia”.

Oltre all’istituzionalizzazione di questa collaborazione hanno annunciato anche attività parallele, ovvero la partecipazione a progetti firmati MiBACT, ed una rigenerazione urbana a sfondo culturale, che come afferma l’Assessore è: “tema importante e non solo di stretta competenza degli Architetti”.

Insomma, notizia che ci lascia nell’attesa di scoprire quali saranno le novità che investiranno direttamente l’università e la città di Firenze, per ora ne possiamo trarre l’insegnamento che l’unione fa la forza soprattutto quando si parla del bene di tutta la comunità.

 DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA

‘Museo Italia- Allestimento e museografia’ così si intitola il nuovo master di secondo livello annunciato dal DIDA. Corso che ha l’obiettivo di formare figure specializzate nel settore dell’allestimento e della museografia, capaci di operare consapevolmente nell’ambito della valorizzazione del nostro patrimonio culturale materiale, immateriale e paesaggistico fino all’exhibit design di tipo fieristico ed espositivo.

Paolo Zermani, coordinatore del master, richiama a sé Architetti, Ingegneri e Storici dell’Arte in questa partecipazione didattica, della durata di dodici mesi.

Gli ammessi apprenderanno, inoltre, come progettare spazi museali, allestimenti espositivi, e installazioni temporanee e svilupperanno un approccio multidisciplinare al tema della conservazione e fruizione dei beni culturali.

Le candidature per l’ammissione alla prima edizione del master hanno chiuso il 12 febbraio. Ogni anno saranno previste tra gennaio e febbraio l’apertura alle candidature, ma non temere se sei interessato, ho una buona notizia: Il master ha un massimo di trenta posti  (la scelta viene fatta in base ai titoli di studi conseguiti) ma quest’anno, a seguito del notevole numero di candidati, il comitato ordinatore ha deliberato di aumentare i posti disponibili di cinque unità portandoli quindi a trentacinque. Un anno molto fortunato per chi si è candidato, mai dire mai che possa capitare anche l’anno prossimo.

MUSEO DELLE TERRE NUOVE  

Museo delle Terre Nuove sorge nell’antico e cosiddetto Palazzo di “Arnolfo” in piazza Cavour, a San Giovanni Valdarno, Arezzo. L’appellativo del Palazzo si diffonde all’indomani della seconda guerra mondiale, e già dal 1909 era stato dichiarato monumento nazionale. Le sale del museo sono allestite negli spazi che tra il XIII e XIV secolo erano adibite all’amministrazione della giustizia e allo stoccaggio dei cereali. Dunque, una fonte di vita essenziale per l’intera popolazione di San Giovanni Valdarno. Lo sapevano bene i rappresentanti fiorentini più in vista del tempo, che affissero i loro stemmi familiari sul paramento murario, determinando così un trionfo di elementi araldici sul fronte, che conferisce una valenza plastica, oltre che memoriale alla struttura architettonica.

Il Museo delle Terre Nuove ultimamente è ricco di iniziative che ci mediano telematicamente la loro passione per la cultura e la ricerca. Il sito web del museo è ottimo per rimanere aggiornati sulle numerose conferenze e le novità museali.

 A proposito di ciò vi consiglio Venerdì 23 Aprile, alle ore 17.30, di seguire la conferenza a cura di Michel Feuillet che interesserà l’Annunciazione di San Giovanni Valdarno dipinta dal celebre pittore Beato Angelico negli anni ‘30 del 400.

E’ possibile seguirla in streaming sulla pagina Facebook del Museo Basilica S. Maria delle Grazie.

Beatrice Carrara

Pubblicità

DESIGN: COLLABORAZIONE E SOSTENIBILITÀ

Tempo di lettura: 7 minuti.

DESIGN: QUESTA PRIMAVERA COLLABORAZIONE E LA RICERCA PER LA SOSTENIBILITÀ

Giovedì 8 aprile 2021 è stata presentata attraverso una digital exhibition la mostra “Impresa per la sostenibilità 4.0”, che in tre ambienti racconta il ruolo della regione toscana nella partnership con le imprese locali e le istituzioni del territorio che si occupano di ricerca come il Distretto interni e design (DID) ed il PENTA, polo dell’eccellenza nautica toscana.

La mostra, presto visitabile online, ospita una raccolta di progetti degli studenti del Design Campus in collaborazione con l’industria.

Gli scenari di impresa 4.0 collaborano con il dipartimento di architettura e design nella sfida per la sostenibilità grazie ai finanziamenti della regione.

Il laboratorio per la sostenibilità, che ha per direttore scientifico il professor Giuseppe Lotti, fa parte del sistema didalabs comprendente oltre 30 laboratori, ed ha svolto un ruolo fondamentale applicando i principi del design e sviluppando programmi di ricerca sui temi della sostenibilità di prodotti e servizi, dalla fase di concezione a quella di realizzazione.

Infatti la maggioranza dei progetti, frutto delle collaborazioni con le industrie e guidati dal design, che collega il mondo accademico e con quello industriale, sono stati realizzati in forma di prototipi e molti di questi sono oggi in produzione.

La missione del DIDALABS, collettivo di laboratori del Dipartimento di Architettura è il supporto scientifico e tecnico alla didattica ed alla ricerca attraverso il coinvolgimento di studenti e ricercatori nell’area dell’architettura, del disegno industriale, della pianificazione territoriale e del paesaggio.

La mostra digitale varca i confini imposti dalla pandemia e racconta il know-how dei maestri del made in Italy presentando una completa realtà di fruizione che mostra i vantaggi del necessario trasferimento online di mostre e musei in questi tempi difficili, come ad esempio la riduzione dell’impatto ambientale e la possibilità di raggiungere un grande numero di persone.

Nonostante il dipartimento non smetta di credere nell’importanza della fisicità del museo.

Tra i progetti esposti troverete: piattaforme di realtà aumentata; camper a ridotto impatto ambientale; servizi domotici in cloud per camper, nautica e trasporto ferroviario; sistemi prodotto-servizio con sensori che controllano i parametri vitali delle piante e dell’inquinamento atmosferico.

Alla presentazione ha partecipato l’Assessore Leonardo Marras che ha sottolineato come la regione dovrebbe essere un facilitatore per offrire strumenti che aiutino a orientare il sistema ed il credito verso una strategia europea di politica industriale volta a favorire la patrimonializzazione delle imprese e la lotta ai cambiamenti climatici.

Formafantasma al Centro Pecci

Sempre in merito alla sostenibilità l’Università di Firenze ha incontrato, grazie ed un seminario tenuto al Design Campus di Calenzano, il designer Simone Farresin che insieme a Andrea Trimarchi costituisce il team dello studio Formafantasma.Questidesigners dopo gli studi a Firenze hanno deciso di trasferirsi in Olanda, dove hanno frequentato la Design Academy di Eindhoven. Da qui seguono numerosi  successi per il duo: i nel 2011 l New York Times li ha definiti tra i designer più influenti dei prossimi dieci anni; i loro pezzi sono stati acquistati per le collezioni permanenti dei più celebri musei al mondo tra cui il MoMA, il Victoria and Albert Museum, il The Art Institute of Chicago, il Centre Georges Pompidou e molti altri.

Simone Farresin ha illustrato la mostra “Cambio” commissionata dalla Serpentine Gallery di Londra che sarà visitabile al centro Pecci di Prato da maggio. La mostra è un’investigazione sull’estrazione, produzione e distribuzione dei prodotti in legno in cui viene posta in primo piano la materia grezza invece del del prodotto finito, con una particolare attenzione al processo produttivo piuttosto che alla forma. Scopo della mostra è l’acquisizione di consapevolezza della responsabilità politica ed ecologica dell’insegnamento del design. É un’indagine sulla governance dell’industria del legno che produce implicitamente dei design brief che fungono da punto di partenza per mettere in discussione la figura del designer ritratta dall’immaginario collettivo. Non si vogliono offrire vere e proprie soluzioni ma dei suggerimenti, degli spunti di riflessione sui materiali di cui i progettisti si servono quotidianamente in una visione che può essere del tutto speculativa della disciplina, rivoluzionando così il modo di concepire il design. Lo studio ha un approccio al design che non è formale, ma basato su una ricerca di tipo concettuale.  Ecco il perché del nome dello studio: “Formafantasma”. Sono i materiali a parlare e non la forma che rimane in secondo piano per essere svelata solo alla fine.

Il nome della mostra invece; “Cambio”, è l’augurio di un cambiamento di approccio volto alla responsabilizzazione del designer e del consumatore. Cambio si riferisce anche al ricambio della membrana dei tronchi degli alberi che genera il legno verso gli strati più interni producendo il materiale necessario affinché l’albero possa crescere. Formafantasma questa volta ha deciso di concentrare la propria attenzione sul legno, che è il protagonista della mostra.

Questa scelta è stata dettata da molteplici fattori tra cui la volontà di mantenere saldo il legame con le radici del design italiano e quindi la rinomata industria del mobile che attribuisce al legno un ruolo primario. Inoltre, il collegamento con la Great Exibition del 1851 è sorto spontaneo dal momento in cui il sito del Serpentine, che ricordiamo aver commissionato ed ospitato la mostra, è proprio Hyde park, sul cui suolo fu edificato il Crystal Palace, la grande serra progettata da Paxton che ha ospitato la prima Esposizione Universale. Questa monumentale cassa di vetro è servita ad esporre i successi dello sviluppo economico e del disegno industriale e proprio in questo sito emerse la figura del designer moderno. Non solo vi furono esposti macchinari e oggetti innovativi ma vennero esposti i campioni dei materiali estratti delle colonie, primo tra tutti il legno. Al design dunque si chiedeva di dare forma agli oggetti ottenuti grazie ai contributi delle estrazioni di materie prime provenienti da altri paesi e con ciò nascono le problematiche legate alla questione economico ambientale relativa al colonialismo. Cambio presenta alcuni di questi campioni di specie lignee ormai estinte esposti nel 1851.

Per anni non si è riflettuto sui diritti delle foreste, dei loro abitanti e dei raccoglitori delle materie prime. Basti pensare che attualmente la Costituzione Italiana non prende in considerazione esplicitamente l’ambiente e la sua tutela, che solo recentemente sono stati materia di interesse, non essendo in precedenza stata rivolta ,da parte dei legislatori, una particolare attenzione a riguardo. Solo dal 2014 l’UE ha stabilito un sistema di licenze per le importazioni di legname garantendo test sul legno di cui i prodotti che vengono importati in Europa sono costituiti, per capire se siano legali o se invece di origine protetta.

Formafantasma desidera non trascurare la deontologia forestale, la filiera ed il viaggio che compie il legno per diventare prodotto finito. Il legno necessita essere raccontato poiché in esso si disvela un mondo lento, in contrapposizione a quello rapido della dimensione umana, ma altrettanto stimolante. Conoscere le leggi e le normative che regolano le operazioni di disboscamento e piantumazione è di fondamentale importanza. La mostra è una continua conversazione con professionisti di vari settori che parlano dello stesso soggetto osservato da punti di vista diversi, compone una rete di collaborazioni tra esperti in cui le conoscenze sono libere di fluire verso la coscienza del visitatore.

Tra le considerazioni più interessanti emerse dalla mostra che ci riguardano da vicino

vi è sicuramente quella che l’albero, in quanto organismo vivente, assorbe dall’atmosfera anidride carbonica, CO2. In questo modo sottrae una sostanza che è bene sia presente nell’atmosfera in quantità limitate. Il carbonio rimane imprigionato nell’albero e continua ad essere disponibile fintanto che l’albero si preserva nel bosco o nelle nostre case sotto forma di materiale da costruzione. In un metro cubo di legno rimane imprigionata circa una tonnellata di CO2  e questa quantità rimane stoccata fino a quando il legno marcisce o viene bruciato ed essa torna nellatmosfera.

Illustrazione
di Lauren Martin

Quando scegliamo un mobile in legno potremmo tentare di instaurare un ciclo virtuoso in cui il mobile in questione dovrà avere una durata pari o maggiore di quella della vita dell’albero stesso, altrimenti la CO2 sarà rilasciata nell’atmosfera ancor prima del tempo. Ad esempio, se acquistiamo un tavolo in legno dobbiamo conoscere la durata della vita dell’albero di cui è fatto, che se supponiamo essere di novant’anni, il ciclo di vita del tavolo dovrà essere garantito per almeno questo arco temporale, nel nostro caso novant’anni . In un’installazione viene criticata l’industria veloce e l’obsolescenza programmata che porta alla deresponsabilizzazione ed all’acquisto compulsivo non consapevole. La stessa cosa che accade ai mobili accade a maggior ragione a tutti gli oggetti il cui uso è per sua natura effimero.

Un albero impiega cinque anni ad assorbire la CO2 che un piccolo packaging rilascia quando viene smaltito dopo essere stato usato una sola volta.

Alessia Bicci

CASTELLO DI SAMMEZZANO: INTERVISTA A MARIO BEVILACQUA

Il Castello di Sammezzano

In occasione del riconoscimento al Castello di Sammezzano, sul podio del censimento del FAILuoghi del Cuore 2020-2021’ è necessario fare luce sugli svariati motivi che ne impediscono l’accesso a studiosi e turisti da molti anni. E’ questo l’argomento su cui verte l’intervista tenuta a Mario Bevilacqua, professore ordinario del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. Ecco l’intervista ad opera di Beatrice Carrara.

Intervista a Mario Bevilacqua

1 – Dal suo punto di vista, cosa ha portato le persone a votare per il Castello di Sammezzano, così da fargli aggiudicare il secondo posto del bando ‘luoghi del cuore 2020-2021’ del FAI?

Il castello purtroppo è inaccessibile, soprattutto all’interno. L’eccezionalità del luogo è certamente anche dovuta alla sua collocazione, all’interno di un paesaggio che è quello toscano, all’interno di un parco che è straordinario, importantissimo da un punto di vista botanico e storico. Però un elemento di eccezionalità è soprattutto rivestito dagli spazi interni, e gli spazi interni, purtroppo, non sono più accessibili dal pubblico da molti anni. La fama che il castello si è conquistata è grazie alle immagini che si possono trovare in rete, forse hanno giocato un ruolo importante affascinando molti. Il castello affascina anche in fotografia, ancora di più dal vero. Questa fama lo ha determinato, fama che si è conquistata perché è la testimonianza di un gusto per l’esotico che affascina ancora oggi, e affascinava nell’ottocento. Il modo in cui questo esotico, le decorazioni moresche, che sono declinate ed esposte nel castello, sono un elemento del tutto affascinante. E ha portato a far sì che in molti prediligano questo luogo, anche perché è un luogo unico in Italia. E’ uno degli esempi di eclettismo ottocentesco orientato verso questo gusto esotico moresco tra i più importanti che ci siano in Europa. Dunque una serie di elementi giustificano questa scelta da parte di molti.

2 – La situazione di questa struttura negli anni è andata aggravandosi, e tutt’oggi vi sono ostacoli nell’attuare interventi di restauro. Non capisco come una struttura del genere come quella del castello di Sammezzano, ‘ricercata’ non solo nel panorama Toscano ma anche internazionale, ancora oggi non sia accessibile ai visitatori.

“Purtroppo lì la situazione è molto complicata. E’ complicata innanzitutto dal fatto che adesso la proprietà si trova in una condizione ‘giuridica’ particolare, perché c’è un fallimento e quindi tutto è in mano a un curatore fallimentare e in questi casi naturalmente tutto è sospeso. Non c’è la possibilità di un utilizzo del bene. C’è una situazione giuridica oggettiva, che impone delle limitazioni, e impone una situazione di non accessibilità. Ci sono poi le condizioni materiali di questo edificio che non corrispondono a tutti i criteri di sicurezza, di accessibilità che un bene aperto al pubblico dovrebbe avere. Innanzitutto, questo è dovuto al fatto che questo edificio è stato chiuso comunque, prima delle vicende ultime, per molti anni. Quindi senza una manutenzione o una manutenzione ridotta. E poi è dovuto al fatto che da un edificio ottocentesco non si può pretendere che esso rispetti le normative attuali in materia di sicurezza e accessibilità. E’ poi c’è il terzo elemento che, nonostante tutto il fascino che questo edificio può emanare, questo complesso è difficilmente inusabile in un modo che possa produrre una capacità di sostenersi economicamente in modo autonomo. Perché il problema è: quale può essere la funzione di questo edificio? E’ stato il problema degli ultimi decenni, perché questo edificio è stato trasformato in albergo, questo albergo poi ha avuto delle vicende varie. A un certo punto sembrava avrebbe avuto un radioso futuro: agli inizi degli anni 80’, o fine anni 70’, è stata cominciata la costruzione di un edificio a poca distanza dal castello stesso, che doveva accogliere una sorta di ‘dependance’ di questo albergo. La costruzione di quell’edificio è stata poi bloccata, per svariati motivi, dunque adesso nel parco si trova questa struttura in cemento armato non finita. Alla fine anche queste prospettive alla ricettività alberghiera sono cadute, e quindi a questo punto è un po’ difficile immaginare una funzione che possa essere di nuovo compatibile. Anche perché questo albergo è collegato alla strada provinciale che corre ai piedi della collina ma in modo non immediato. E poi soprattutto gli spazi interni di questo albergo, che a meno di non volerli stravolgere, sono difficilmente utilizzabili per qualunque funzione che non sia meramente museale. E’ chiaro che una funzione museale (ovvero farlo divenire museo di se stesso) non permetterebbe l’esistenza fisica di questo edificio perché non produrrebbe una redditività sufficiente a sostenere la manutenzione. Tuttora questo edificio è inagibile, è vuoto, è lasciato in uno stato di semiabbandono.

3 – In un possibile progetto di riqualifica di quest’area, secondo lei, cosa non dovrebbe mancare per farlo conoscere non solo ai cittadini toscani ma da un punto di vista internazionale ?

Una ‘rinascita’ deve essere legata a un progetto che attivi delle energie di tipo economico, imprenditoriale che possano sostenere la gestione di questo spazio. Sarebbe interessante immaginare un progetto dove vi sia una partecipazione mista, tra pubblico e privato. Non credo che un’acquisizione da parte dello Stato o della regione, ovvero di un soggetto meramente pubblico, potrebbe essere un’azione risolutiva. Perché non possiamo immaginare che il pubblico sia una sorta di grande mamma che protegge tutti a qualsiasi costo, lo sappiamo bene che il pubblico ha dei limiti; limiti legati anche a fattori economici. Secondo me potrebbe essere legato a delle iniziative parallele a delle attività imprenditoriali compatibili. Per esempio lì c’è una situazione interessante: ai piedi della collina c’è il centro commerciale The Mall, a Leccio, che è un outlet del lusso. Premettendo che sono un assertore del bene pubblico, per me il ‘Pubblico’ è il bene più importante. Quindi la collettività deve esprimere una visione pubblica delle cose, possibilmente. Però ci sono delle situazioni in cui il privato, se opera intelligentemente con la sfera pubblica, può dare un contributo determinante. Quella del Castello di Sammezzano è una zona dove l’imprenditoria legata alla moda è importante, c’è una realtà economica che esprime delle idee non solo dal punto di vista imprenditoriale, ma anche da un punto di vista culturale. E non a caso, secondo me, recentemente è stato girato un video da Garrone per Dior proprio all’interno del castello di Sammezzano. Dunque, aprire il castello al pubblico in connessione a qualche funzione legata a questo mondo della moda, alle imprese e al lavoro che vi stanno dietro, questa è una possibile via. Quegli ambienti così straordinari si prestano in maniera perfetta a costituire degli spazi per il ‘sogno’, in fondo gli oggetti di lusso sono oggetti che fanno sognare. Quindi quello potrebbe essere una possibilità, naturalmente questo comporterebbe un progetto che dovrebbe riguardare anche in maniera molto seria il collegamento tra il castello e l’area ai piedi della collina, perché ci sono diverse centinaia di metri di strada sterrata che bisogna fare per arrivare al castello, e non è una cosa da poco. Cosa che in ogni caso, aprendo il castello al pubblico, deve essere affrontata. Un progetto che consideri anche la realtà e la vocazione economica di quell’area potrebbe essere un progetto interessante, e in quel caso potrebbe essere un progetto che avrebbe immediatamente una ripercussione a livello internazionale. Anche perché sappiamo che, fino a quando non è scoppiata la pandemia, veniva frequentato da un grandissimo numero di compratori stranieri. Quindi quello potrebbe essere, secondo me, un modo per rilanciare il castello, ma naturalmente non potrebbe essere l’unico.

4 – Cosa consiglia, dal punto di vista professionale, ai futuri laureandi nel dipartimento DIDA?

Consiglio di non immaginare la professione dell’architetto in modo ‘tradizionale’. Ovvero, se si immagina di entrare in una facoltà di architettura e uscirne come un Architetto di una volta, che fonda uno studio e in seguito diventa una star internazionale in architettura, questo succede a un caso su un milione, gli altri novecentonovantanovemila rimarrebbero frustrati. Allora credo che l’idea che si ha della professione dell’architetto sia ancora un po’ attardata, su tutte le posizioni che riflettono un passato che oramai non esiste più. Altre professioni hanno saputo rinnovarsi in maniera molto più sostanziale, penso ad esempio alla professione dell’ingegnere, dove non si pensa più tanto all’ingegnere libero professionista che nel suo studio ha la sua clientela ecc.., ma si pensa a un professionista capace di inserirsi in un tessuto economico vivace dove si richiedono certe cose anche molto distanti da quelle che un ingegnere di cinquant’anni fa sapeva e poteva fare. Questa mentalità deve essere assunta anche dagli architetti e soprattutto dagli studenti, ovvero devono già sintonizzarsi su questa lunghezza d’onda. Quello che importa non è immaginare di uscire da architettura e cominciare a progettare edifici, magari si possono fare cosa completamente differenti. Perché oggi c’è poco bisogno di progettare ex novo, c’è molto bisogno invece di riqualificare e di gestire. Quindi, bisognerebbe saper orientarsi verso la gestione di un patrimonio, di spazi, di volumi, di paesaggi, di un patrimonio territoriale immenso che deve essere riqualificato, pensato, sistemato piuttosto che immaginare: “esco dalla facoltà di architettura e faccio il progetto che mi dà notorietà internazionale”. Credo che se si ha questa idea, poi si rimarrà delusi.”

Firenze, 17 Marzo 2021