Il futuro delle automobili: autonome, elettriche, ecosostenibili ed aerodinamiche

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Il futuro del trasporto su strada ha molte sfaccettature, alcune molto innovative, altre che sono il prodotto dei perfezionamenti di tecniche usate da più di cent’anni. Vediamo di dare una veloce panoramica su alcuni aspetti delle auto elettriche e sull’aerodinamica delle auto. 

Auto elettriche: la materia grezza del futuro

Nel 2020, secondo IHS Markit, nonostante quasi ovunque le vendite di auto siano crollate anche di doppie cifre percentuali, sono state vendute quasi 2,5 milioni di auto elettriche a livello mondiale. La domanda è destinata ad aumentare esponenzialmente nei prossimi anni, sia per i limiti che saranno imposti sia a livello europeo sulla circolazione di auto diesel, sia per gli investimenti delle principali compagnie automobilistiche nella produzione e nella ricerca sui veicoli elettrici. Verosimilmente, in futuro non saranno vendute solo più automobili elettriche, ma anche camion, autobus, motocicli, biciclette e forse anche navi elettriche. E quando la loro vita utile sarà a termine, verrà il momento di riciclarle a dovere, e non sarà un compito facile.

Quando un’auto con motore termico è rottamata, quasi il 95% di essa viene riciclata, ed il processo è facile, poiché esse sono costituite principalmente da materie plastiche facilmente rimovibili, e tanta materia ferrosa che è duttile e riciclabile; senza contare che il processo per il riciclo delle auto è ormai qualcosa di perfezionato nel corso di decenni  di esperienza in questo settore.

A differenza delle auto tradizionali, i veicoli elettrici contengono un numero molto maggiore di componenti non ferrosi difficili da riciclare (si veda il grafico). Separare questi componenti è assai complicato, richiede molta energia, e non sempre è possibile recuperarli tutti, soprattutto perché la maggior parti di questi materiali si trova rinchiusa all’interno di componenti elettrici complessi.

Composizione delle auto elettriche (in alto) e di quelle con motore a combustione (in basso).©The Economist

Per le batterie al litio, ci sono attualmente due processi di riciclo attuabili su grande scala: l’approccio pirometallurgico e quello idrometallurgico.

Il primo consiste nel comprimere tutte le componenti della batteria in un unico agglomerato detto “massa nera”, che in seguito è posto  a in una fornace, portando il composto ad alte temperature, da cui poi colano metalli preziosi come il cobalto o nichel. Il principali inconvenienti  di questo metodo sono la grande quantità di energia per far funzionare le fornaci, e l’impossibilità di recuperare molti componenti di interesse dalla massa nera: infatti materiali preziosi come la grafite vengono permanentemente bruciati o resi irrecuperabili.

L’approccio idrometallurgico, più innovativo e recente, inizia come il precedente dalla massa nera di materiali compressi, ma usa acidi e solventi per separare i varî metalli. Questo approccio richiede molta meno energia termica rispetto al primo, e permette di recuperare i materiali non metallici come la grafite. Il problema principale però è il necessario trattamento delle acque reflue contenenti gli acidi, che sono tossiche, per evitare danni ambientali, anche ingenti.

Come è intuibile quindi, se non vogliamo prescindere dall’uso dei veicoli elettrici per un futuro sostenibile, dobbiamo far in modo di migliorare i nostri procedimenti di riciclo, e soprattutto spronare i produttori a progettare componenti più standardizzati e facilmente disassemblabili, per favorire il riciclo e il massimo recupero dei materiali.

dai un’occhiata anche a questo nostro recente articolo sulle automobili elettriche e sul loro funzionamento.

Auto aerodinamiche: un argomento viscoso

Un altro fattore di vitale importanza per avere auto efficienti dal punto di vista del consumo, e con un impatto acustico ridotto (puoi leggere il nostro articolo sui danni provocati dall’inquinamento acustico nel nostro articolo qui) è il coefficiente aerodinamico: esso dà una misura della resistenza all’aria di un automobile. Questo poiché la resistenza aerodinamica riduce la velocità del corpo in moto e impone una dissipazione energetica, rendendo il veicolo meno efficiente.

L’ingegnere rumeno Aurel Persu (1890 – 1977) fu tra i primi uomini a capire l’importanza dell’aerodinamica e a costruire un prototipo di veicolo aerodinamico, intuendo che la forma più aerodinamica possibile è quella di una goccia d’acqua in caduta libera, e che per ridurre al minimo il coefficiente aerodinamico era necessario inserire gli pneumatici a filo con la carrozzeria, piuttosto che lasciarli fuori come era prassi quegli anni. Questa sua idea è contenuta nel brevetto depositato in Germania il 13 novembre 1922 dal titolo “Automobile di forma aerodinamica con quattro ruote montate nella carrozzeria aerodinamica”.

L’automobile di Aurel Persu ha un coefficiente aerodinamico di 0,22 uno dei più bassi ancora oggi, considerando che la più aerodinamica auto commerciale attualmente in vendita, la Lucid Air, ha un coefficiente di 0,21, e la maggior parte delle auto non di lusso attualmente in vendita hanno coefficienti ben al di sopra di 0,30. Questa innovazione permise al prototipo di Persu di consumare 4-5 volte meno carburante delle auto d’epoca in produzione, e di affrontare le curve su strada a ben 60 km/h.

La creazione di Persu, donata da lui stesso, è oggi visibile al Museo Nazionale della Tecnica «Dimitrie Leonida» di Bucarest.

Nelle competizioni, controintuitivamente a quanto si potrebbe pensare, il coefficiente aerodinamico non è di fondamentale importanza, e anzi di solito è molto elevato (intorno a 0,8-1): è la deportanza ad essere più importante. La deportanza è la forza aerodinamica che spinge il veicolo verso il suolo, aumentandone l’aderenza e la stabilità. Alle velocità delle competizioni, è di fondamentale importanze tenere il veicolo quanto più attaccato al suolo, per avere maggiore controllabilità. È il carico verticale provocato dagli alettoni di una “Formula 1” che genera questa deportanza, e di conseguenza riduce notevolmente la forma aerodinamica del veicolo.

Una foto dell’auto aerodinamica di Persu. Da notare le ruote a filo con la carrozzeria. Berlino, 1923. ©Wikimedia Commons

Il coefficiente di attrito del veicolo di Persu è di 0,22, uno dei più bassi ancora oggi. ©Dimitrie Leonida Technical Museum archive

Auto connesse: sempre più intelligenti

L’altra frontiera della tecnologia che va di pari passo con lo sviluppo delle auto elettriche è lo studio dei sistemi a guida autonoma. Anch’essi non sono certo una novità: già negli anni Sessanta del secolo scorso ingegneri statunitensi provarono a includere magneti permanenti nel cofano delle auto oltre che nel manto stradale con polarità opposta. Questo faceva sì che le automobili si allineassero semplicemente per il fatto che magneti con polarità opposta si attraggono. È un sistema estremamente efficace, soprattutto se pensiamo a quanto rudimentale fosse. Certamente però esso non è scalabile, poiché richiederebbe che tutte le strade in tutto il mondo siano tappezzate di magneti permanenti, cosa non fattibile da nessun punto di vista economico, logistico, o di buon senso.

Da allora numerose generazioni di scienziati e ingegneri hanno creato e innovato sistemi di guida autonoma basati su visione artificiale per il riconoscimento dei cartelli stradali, delle linee spartitraffico, e degli ostacoli intorno all’auto, oltre che sull’uso di sistemi GPS.

Per quanto sorprendenti siano gli avanzamenti della tecnica in questo campo, e per quando ovvio sia che i sistemi a guida autonoma siano il futuro data la loro resilienza, velocità di risposta e sicurezza, rimangono la strada per arrivare a sistemi completi di guida autonoma è ancora accidentata. Rimangono ancora da testare questi sistemi su ogni tipo di veicolo, ogni tipo di terreno, e in ogni tipo di condizione atmosferica, per assicurarsi che in tutti i casi sia in grado di rispondere correttamente.

Inoltre, è ancora da definire l’annosa questione riguardo ai possibili incidenti e a chi andrebbe accollata la responsabilità nel caso uno di esse succeda – poiché, benché i sistemi di guida autonoma siano migliaia di volte più sicuri e reattivi di qualsiasi essere umano, gli incidenti possono sempre avvenire.

Potete dare un contributo voi stessi all’argomento recandovi sul sito del progetto del MIT Moral Machines, e fare un breve test per decidere quale sia l’opzione “moralmente o eticamente migliore” nel caso un’auto a guida autonoma si trovi in una situazione di stallo critico: nel caso davanti alla vostra auto spuntasse all’improvviso una donna con un cane a passeggio, l’auto dovrebbe scegliere di investirla oppure sbandare e ferire gravemente voi e i vostri passeggeri ma risparmiare la donna e il cane?

Queste sono alcune tra le domande di vitale importanza a cui dovremo rispondere nei prossimi anni per dare vita a veicoli sempre più verdi e sicuri, e leggi che le supportino e chiariscano bene la responsabilità in caso di incidenti. La strada davanti a noi è ancora lunga, ma ci porterà per sentieri che ancora non conosciamo e che ci permetteranno di inventare tecnologie rivoluzionarie.

Andrei Florea

Lorenzo Niccoli

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