INTERVISTA AD UN RAPPRESENTANTE DI OBIETTIVO STUDENTI

Elezioni universitarie del 11 e 12 maggio

In vista delle prossime elezioni studentesche, Martina Marradi intervista Gabriele Zanon, rappresentante del gruppo politico Obiettivo Studenti (OS). Gabriele ci racconta le proposte di Obiettivo Studenti per le prossime elezioni e i principi a cui si ispira questo gruppo nella sua attività all’interno della politica universitaria fiorentina.

Cosa è Obiettivo Studenti?

Obiettivo Studenti è un’associazione politica universitaria fondata nel 1995. Fu fondata con il nome di Lista Aperta proprio perché tra gli scopi prefissati vi era “la creazione di un’associazione politica libera dalle logiche politiche nazionali e aperta” secondo quanto dichiarato da uno dei militanti di questa associazione. Lista Aperta nacque come erede delle diverse liste studentesche di ispirazione cattolica degli anni ‘70 e ‘80, tra cui Comunione e Liberazione. Oggi Obiettivo Studenti è un’associazione apartitica, che collabora però attivamente  con la federazione di ispirazione cattolica CLDS (Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio).

OS definisce sé stessa come una “compagnia di amici implicati nell’Università” in ragione dell’attività che dichiara di svolgere, ovvero di “iniziative culturali e di socializzazione” dallo sfondo apolitico, secondo quanto è stato riportato sul profilo Instagram (@osfirenze) di questa associazione.

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INTERVISTA AD UN RAPPRESENTANTE DI CENTRODESTRA UNIVERSITARIO

Elezioni universitarie del 11 e 12 maggio

In vista delle prossime elezioni studentesche, Martina Marradi intervista Vanessa Morabito, rappresentante del gruppo politico Centrodestra Universitario. Vanessa ci racconta le proposte di Centrodestra Universitario per le prossime elezioni e i principi a cui si ispira questo gruppo nella sua attività all’interno della politica universitaria fiorentina.

Cosa è Centrodestra Universitario– Studenti Per le Libertà?

Centrodestra Universitario è un movimento di ispirazione moderata e liberale. Come il nome lo indica, questa associazione si rifà alle correnti politiche di centrodestra, più specificamente alla tradizione del centrodestra italiano, il quale si ispira a principi quali il conservatorismo liberale, il cristianesimo democratico, il liberalismo conservatore e l’europeismo. Nata nel 1999 come movimento studentesco universitario del partito Forza Italia, con il nome Studenti per le Libertà (SPL), tutt’oggi mantiene stretti rapporti con il partito presieduto da Silvio Berlusconi

Centrodestra Universitario rappresenta insieme ad Azione Universitaria, nell’ambito della politica universitaria fiorentina, un movimento dichiaratamente di destra e in particolare, come menzionato poc’anzi, di destra liberale e moderata.

INTERVISTA AD UN RAPPRESENTANTE DI UDU

Elezioni universitarie del 11 e 12 maggio

In vista delle prossime elezioni studentesche, Martina Marradi intervista Andrea Pratovecchi, rappresentante del gruppo politico Unione degli Universitari (UDU). Andrea ci racconta le proposte di UDU per le prossime elezioni e i principi a cui si ispira questo gruppo nella sua attività all’interno della politica universitaria fiorentina.

Cosa è UDU?

L’Unione degli Universitari, abbreviato UDU, è una confederazione di 26 associazioni sindacali studentesche presente in più atenei italiani. Di ispirazione socialista, legalitarista e laica, UDU fu fondata nel dicembre del 1994, in seguito a un congresso tenuto nella città di Siena, su ispirazione del modello associativo di stampo sindacale.

In ragione della sua natura sindacale, UDU ha stipulato un patto di lavoro con la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), della quale dichiara di essere autonoma sul piano politico e decisionale. Il modello promosso da questo gruppo politico si basa sul “riconoscimento della centralità dello studente e dei suoi bisogni, del suo essere soggetto sociale, e quindi autonomo dalla famiglia” secondo quanto riportato nella sezione “chi siamo” del sito unionedegliuniversitari.it

I PRIMI FOTOREPORTER E REPORTER DELLA STORIA

Tempo di lettura: 2 minuti.

Roger Fenton: vi dice nulla il suo nome? E quello di William Russell? E se vi dicessi che sono stati i primi fotoreporter e giornalisti al fronte della storia? Con le loro fotografie e i loro primi reportage, direttamente sul luogo di battaglia, hanno cambiato il modo di fare informazione, stravolgendo il mondo del giornalismo fino ad allora conosciuto. Insieme al professore di Storia del Giornalismo, Gabriele Paolini, abbiamo fatto un salto nel passato per scoprire la loro storia. 

Partiamo, però, dal principio. 

Roger Fenton 

Siamo nella prima metà dell’Ottocento: Roger Fenton era, allora, un fotografo inglese particolarmente conosciuto in Gran Bretagna. La sua passione per la fotografia lo portò a Parigi e in Russia: dopo un breve periodo di viaggi, egli decise di tornare in Inghilterra e fondare il suo studio fotografico nel 1854, la Royal Photographic Society, facendo autoritratti per la famiglia reale. Scoppiò la Guerra di Crimea e Fenton venne incaricato dal governo britannico di recarsi sul luogo del conflitto. Il governo aveva già precedentemente approvato l’invio di una équipe di fotografi presso l’armata britannica in Crimea, ma la nave fece naufragio e tutto il carico andò perduto. Non restò che chiamare direttamente Fenton che accettò immediatamente l’incarico: la sua missione fu finanziata dal Ministero della Guerra, dalla Corona e da un editore di libri illustrati sull’attualità, Thomas Agnew. 

William Russell 

L’irlandese William Russell è stato definito come “L’uomo che inventò le corrispondenze di guerra”. A soli ventiquattro anni divenne giornalista per il Times e grazie alle sue doti di spiccata intelligenza, curiosità e genialità, riuscì a distinguersi immediatamente dagli altri giornalisti. Nel 1854 venne convocato nell’ufficio del direttore della testata giornalistica per cui stava lavorando: il Times aveva ottenuto l’autorizzazione a inviare un giornalista in Crimea. Era la prima volta che un quotidiano inviava un proprio dipendente fisso a seguire con continuità un’operazione bellica. 

La guerra in Crimea

Affinché si possa avere un quadro completo di tutto ciò che è accaduto in quel periodo è necessario spostare l’attenzione sulla guerra stessa. Perché è scoppiata? Chi erano gli Stati coinvolti? 

Il conflitto scoppiò nel 1853 e durò fino al 1856. Lo scontro vide l’Impero russo battersi contro una coalizione di Stati: Francia, Inghilterra, Turchia e Regno di Sardegna. Il casus belli aveva a che vedere con lo scontro tra Napoleone III, alleato storico del Papa e difensore della cristianità, non solo in Francia, ma nell’intera Europa, e lo zar Nicola I, ortodosso, che voleva controllare i luoghi santi in Palestina, terra dell’Impero ottomano. Il conflitto, tuttavia, coinvolse anche la Gran Bretagna, un Paese né cattolico né ortodosso. Com’è possibile? Semplicemente perché quel conflitto, dalle vaste dimensioni, non scoppiò solo per la causa appena citata, ma principalmente per ragioni economiche e geopolitiche

L’impero ottomano era un territorio immenso e sconfinato, ma sotto un profilo politico-amministrativo in decadenza. L’obiettivo dello zar era quello di riuscire ad ottenere il pieno controllo sul Bosforo e sui Dardanelli e avere quell’accesso al Mediterraneo, che avrebbe aumentato esponenzialmente il potere dell’Impero russo. Esattamente per le stesse ragioni, la Francia e l’Inghilterra non volevano rinunciare al controllo e alla gestione dei traffici mediterranei. Nel 1854, gli Stati alleati contro l’Impero zarista decisero di puntare alla Crimea, dove erano presenti numerosi depositi militari russi. Un contingente di truppe, principalmente inglesi, raggiunse la grande fortezza russa di Sebastopoli per assediarla. Più che per la guerra stessa, i soldati inglesi morirono falcidiati da un’epidemia di colera. 

Non fu, però, la caduta di Sebastopoli a far cedere Nicola I, e anzi, si creó una vera e propria situazione di stallo, dove né l’Impero russo era in grado di attaccare, né quello degli Alleati era in grado di passare all’offensiva. I tumulti nelle campagne russe e la minaccia di attacco all’Impero, da parte dell’Austria, spinse il nuovo zar Alessandro II (Nicola I era deceduto per una polmonite) a dichiarare la resa nel 1856

Il reportage di Roger Fenton e William Russel 

Dal marzo al giugno del 1855, Fenton scattò circa 360 fotografie in condizioni particolarmente difficili. Il governo lo aveva incaricato di fornire immagini rassicuranti che mostrassero le doti eroiche dei combattenti. Attraverso le sue macchine fotografiche doveva riprodurre foto che servissero per le incisioni prodotte sulle riviste: nei suoi scatti i soldati apparivano sempre ben vestiti ed equipaggiati, ordinatamente disposti ed efficienti nella loro attività quotidiana, oltre che in guerra. 

Russell si caratterizzò per una grande indipendenza di giudizio, anche se era favorevole alla guerra. Per la prima volta fu fornita un’informazione che aspirava ad essere veramente obiettiva, anche a costo di risultare molto scomoda per il potere dei militari e del governo. Per Russell la verità doveva essere sempre mostrata e per questo egli denunciò la carenza organizzativa e gli errori di comando delle truppe britanniche e si occupò, per la prima volta nella storia del Giornalismo di guerra e delle condizioni di vita dei soldati, con particolare attenzione al settore della sanità e dell’igiene personale. Gli accampamenti delle truppe, infatti, erano talmente sporchi e privi di igiene da aver causato una micidiale epidemia. Gli articoli di Russell suscitarono un grande scalpore in tutta l’Inghilterra: c’è chi lo accusò addirittura di tradimento. È necessario sostenere che quello di Russell non fu un giornalismo di opposizione né  di tipo pacifista: egli decise di descrivere gli orrori bellici in un orizzonte completamente neutrale

Ci vollero anni, se non addirittura secoli, prima che il Giornalismo di guerra divenisse completamente indipendente e autonomo dal volere dell’establishment dei Governi. Vi furono altri conflitti e altre dure battaglie e, non considerando le due Guerre Mondiali, dove il giornalismo fu sottoposto a controlli e censure, solo con la Guerra in Vietnam il reporter avrà una visione neutrale e avulsa da qualsiasi possibile influenza. Non dobbiamo pensare, però, che dopo gli anni ’70 del Novecento fare l’inviato speciale  fosse semplice. A partire dalla Prima Guerra del Golfo gli Stati Uniti d’America decisero di controllare assiduamente i giornalisti, perché l’informazione poteva, e può tutt’oggi, cambiare le sorti di un conflitto, e la stessa Guerra in Vietnam ne è stata la piena dimostrazione

Martina Marradi

INTERVISTA A PIETRO PELLICIARI: LAUREATO AL PROGEAS

La musica e lo spettacolo… un mondo in cambiamento

Martina Marradi intervista Pietro Pelliciari, laureato al PROGEAS presso l’Università degli Studi di Firenze che ci spiegherà i cambiamenti del mondo dello spettacolo e della musica a partore dallo sviluppo repentino dei social media.

Come ritieni che il mondo della musica e dello spettacolo, in generale, sia mutata in questi ultimi anni? I social networks possono essere la causa di questo cambiamento?

Sì. La musica è un medium e, essendo un messaggio, passa attraverso l’industria musicale. L’impatto più grande è avvenuto con le piattaforme di streaming online, perché hanno cambiato il modo di ascoltare la musica, in parte risolvendo un problema, che era quello che si era sollevato nei primi anni del 2000, fino al 2010, quando dilagava la pirateria online: ciò è stato risolto con le piattaforme di streaming, dove per accedere è necessario un abbonamento. È cambiato il modo di ascoltare la musica, perché viene concepita in maniera diversa: il concetto di album musicale è praticamente quasi scomparso… è rimasta soltanto una raccolta di brani singoli. Se andiamo ad osservare la storia della musica, questo significa tornare alle origini: all’inizio, le prime pubblicazioni dell’industria musicale, erano i 45 giri, dove c’era solo il lato A e il lato B (ed erano singoli), ma quando sono nati i 33 giri è stata creata una raccolta dei brani più famosi (ndr ogni artista aveva il proprio). Adesso sta succedendo la stessa cosa, perché escono solo singoli che, anche se formano un album, sono privi di un pensiero alla base. […] Il creare un’opera più grande di una canzone viene un po’ acadere perché si va scegliere i singoli brani, in quello che deve definito come cherry-picking, dove si ascolta ciò che si vuole. Ciò non accadeva nemmeno quando c’erano i cd perché dovevamo comprarlo. Circa i social network c’è una grande facilità di produzione musicale e di visibilità, ma il mercato è saturo: se un tempo YouTube era un mezzo per emergere adesso diventa più difficile, anche se una possibilità te la offre.

Si parla spesso di programmi televisivi trash, che divertono, ma non insegnano: tu cosa ne pensi? Vanno aboliti o sono una fonte di svago?

Credo che l’abolizione non si sia mai la soluzione, perché causa una reazione spesso contraria. Sicuramente le persone hanno bisogno di “mangiare e divertirsi“… non sempre si va a cercare la cultura, ma penso che i produttori e gli ideatori abbiano il dovere morale di dare una base culturale ai programmi. La soluzione al trash è la cultura, cioè una sottobosco culturale di crea: per fare un esempio i film degli Avengers hanno una base culturale, perché raccontano le grandi storie (ndr l’eroe che combatte il cattivo)… cosa che non è presente in High School Musical, ma penso che per Uomini e Donne una soluzione non ci sia (ndr ride).

Molti sostengono che i social e YouTube stia rubando spazio alla televisione. Alcuni parlano di possibile estinzione dei programmi televisivi. Sei d’accordo?

Parlare di estinzione della televisione è impensabile, perché significherebbe cambiare completamente il pubblico di riferimento. Quando la mia generazione sarà anziana si potrà, forse, parlare di ciò, ma anche la televisione si sarà evoluta. Quindi, non si può parlare di estinzione della televisione anche perché il modo in cui le nuove generazioni la percepiscono è differente: i millennials sono stati abituati a scegliere cosa vedere alla televisione… è un on demande ( chi accende la televisione sceglie cosa guardare), mentre la generazione precedente guardava cosa le veniva dato (la generazione da palinsesto). Ma adesso la televisione si sta evolvendo verso l’on demande e proprio questa evoluzione rende la televisione molto forte: il livello di produzione e montaggio è sempre più alto rispetto ad uno youtuber. […].

Alcuni ritengono che la musica italiana non abbia carattere e sia una mera replica di quella americana. Ritieni invece che ci siano degli elementi di assoluta copia oppure di diversità e originalità?

Ma la musica italiana di adesso o di 50 anni fa?

La musica di adesso, nel 2021.

Credo di no. Ovviamente la musica che influenza è la musica anglofona, ma le influenze sono tante adesso. Ogni parte del mondo ha creato un proprio modello di musica, di ogni stile dal pop all’hip hop. La vera invasione americana avvenne cinquanta anni fa con il Blues che cambiò per sempre la storia della musica italiana. Prima la musica italiana era fondata sul Bel canto che derivava dall’Opera, successivamente il Blues si è fuso con il Bel canto in una stratificazione generale ed è per questo che è difficile affermare che la musica italiana non abbia carattere. Sotto un profilo musicale siamo ininfluenti, perché la lingua anglofona, proprio grazie alla diffusione mondiale del Blues, ha preso la supremazia… forse l’unica influenza della musica italiana era negli anni Sessanta quando Elvis si faceva tradurre le musiche di Modugno. Attualmente i più grandi arstisi italiani hanno ampliato il loro bacino d’utenza cantando in lingua spagnola, come Tiziano Ferro o Laura Pausini.

Per finire parliamo di te

Com’è nata la tua passione per lo spettacolo?

Sono sempre stato attirato da tutto ciò che riguarda il mondo dello spettacolo. Il primo ricordo che ho di una sala cinematografica è quando nel 2003 non andai a vedere “Toy story”, ma Il terzo film de “Il signore degli anelli” e avevo 6 anni! Al liceo ascoltavo di tutto, ma un giorno rimasi affascinato da Morgan a X Factor. Iniziai ad ascoltare i consigli musicali che dava e poi anche la sua musica, fino ad entrare in un mondo più “intellettuale” della musica cantautorale […]. Quasi dieci anni dopo, durante la scorsa pandemia, […] ho contattato personalmente Morgan e abbiamo collaborato…É stata una grande soddisfazione per me.

Quando RTV38 ti ha chiesto di collaborare con sé come ti sei sentito?

Ho fatto la collaborazione presso RTV38 durante il tirocinio prima della laurea triennale e successivamente mi hanno contattato… e da più di un anno, ormai collaborono con loro. È una grande soddisfazione per me. Sto in un ambiente che ogni giorno produce contenuti ed idee […] e ciò mi piace tanto, sia contattare gli ospiti che allestire una trasmissione. Mi sono trovato a parlare al telefono con il mio idolo calcistico dell’infanzia o il Presidente della Regione e questo grazie a RTV38 che ha una storia solida alle spalle.

Ritieni che l’Università di Firenze ti abbia aiutato nell’apprendimento dei segreti del mestiere e nel raggiungimento dei tuoi futuri obiettivi?

In parte sì. Tutto quello che fai va a costruire il tuo substrato, mattoncino dopo mattoncino. Senza l’Università non sarei stato contattato: non è solo quello che studi, ma come lo studi… con passione e curiosità. La curiosità ti porta a farti affascinare da quello che vedi e da quello che ti spiegano […] anche se quel professore non è il più bravo del mondo. Voler essere istruiti dai più bravi del settore, con aria snob, è un limite: anche chi dà meno, qualcosa comunque ti dà. Bisogna sempre pensare che ciò che si studia ci sarà utile in qualche modo.

Firenze, 13 aprile 2021

UNIFI: MASTER IN ANALISI STRATEGICA

Tempo di lettura: 90 secondi.

C’è chi sogna di fare il militare semplice per servire la propria Patria e c’è chi ha obiettivi ancora più ambiziosi, come quello di assumere il ruolo di ufficiale dell’Aeronautica Militare e avere una leadership chiave, non solo per l’intero reparto che andrà a comandare, ma anche per la Nazione intera. L’Università degli Studi di Firenze offre  la possibilità di frequentare il Master in Leadership e Analisi strategicaprogettato per soddisfare le specifiche esigenze degli ufficiali dell’Aeronautica Militare“, come si denota dal sito web di Unifi.

Comando e Controllo

Il settore militare risulta essere complicato e complesso, spesso oscuro, ma per molti interessante e affascinante. In tutti gli ambiti militari nazionali esiste il “Comando e Controllo“, indicato, spesso, con l’abbreviazione C2. Esso è l’esercizio dell’autorità e della direzione da parte di un comandante nei confronti delle forze a lui  assegnate per il compimento di una missione. Attualmente il Comando e Controllo risulta essere indissolubilmente collegato con l’industria della sicurezza informatica, nel contesto della cosiddetta guerra cibernetica. Negli ultimi anni, sempre più spesso, il sistema informatico di alcune Nazioni è stato compromesso da forze esterne: a livello strategico lo spazio cibernetico è considerato il quinto luogo di guerra dopo terra, mare, cielo e spazio. Gli Stati Uniti detengono i primato su tale ambiente, dato il possesso delle più importanti aziende tecnologiche a livello mondiale. Questi nuovi tipi di conflitti si contraddistinguono per l’intercettazione e la distruzione di informazioni o sistemi di comunicazione nemici, sotto un profilo informatico ed elettronico.

Quando parliamo di Comando e Controllo non possiamo non soffermarci su alcuni suoi elementi caratteristici: inganno militare, guerra psicologica e tecniche di azione.

Inganno militare

L’inganno militare consiste in tutte quelle attività, sia sotto un profilo strategico che tattico, volte a ingannare il nemico durante la guerra.  Tale pratica è sempre esistita “fin dalla notte dei tempi“, giacché l’antico Impero cinese era conosciuto per un famoso trattato, dove si mettevano in risalto tutte le tecniche per ingannare il nemico in battaglia. Ci sono numerosi esempi di inganno militare: dalla falsa ritirata, alla cortina di fumo, alla disinformazione. Sicuramente l’esempio di inganno militare più conosciuto nella storia è il famoso cavallo di Troia, che permiseagli Achei di sconfiggere i Troiani. Concentrandoci su esempi relativamente più recenti, possiamo osservare la pratica di inganno istituita dalle truppe degli Alleati prima dello sbarco in Normandia (1944). L’operazione Quicksilver, così fu nominata, si contraddistinse per creare falsi segnali volti ad ingannare i servizi segreti tedeschi, circa il luogo dello sbarco. I nazisti, convinti che l’invasione sarebbe avvenuta presso il passo di Calais, vi si recarono: il vero sbarco, però, avvenne diverse settimane dopo in Normandia.

Guerra psicologica

La guerra psicologica consiste nell’utilizzo di una serie di pratiche volte ad influenzare le opinioni, gli atteggiamenti e i comportamenti di gruppi nemici con l’obiettivo di raggiungere i propri scopi nazionali. Le operazioni psicologiche possono portare ad obiettivi di pace, di guerra o di crisi e assumono la forma di guerra non convenzionale, dove l’obiettivo è distruggere la mente del nemico anziché l’apparato militare. Durante la Prima Guerra del Golfo (1990) furono stampati più di 29 milioni di volantini dalla coalizione di 35 Paesi che vide come leader gli Stati Uniti. Tali volantini venivano lanciati su una determinata zona del conflitto per invitare i militari iracheni a disertare. Ma in che modo? I messaggi scritti riguardavano i temi della fratellanza araba, dell’isolamento dell’Iraq rispetto al resto del mondo islamico e del potere superiore dei nemici: ciò comportò che nell’arco di poche settimane più di 300. 000 soldati del regime iracheno chiedessero la resa.

Tecniche di azione

Circa le modalità di azione e raggiungimento dello  scopo vi sono due possibili tecniche: la lotta diretta alla testa del nemico (antihead) o la lotta diretta al collo del nemico (antineck). La lotta antihead ha l’obiettivo di colpire il cuore di comando nemico, per poi neutralizzare l’intero apparato militare. Tale scopo lo si raggiunge sia attraverso le classiche armi tradizionali, sia con le armi di soft-kill che richiedono una certa precisione nella localizzazione dell’ obiettivo. La lotta antineck si contraddistingue per quell’insieme di attività volte ad interrompere le comunicazioni del comando nemico e delle forze nemiche stesse, attraverso le interferenze dei satelliti o delle onde radio.

Quindi, come si può desumere, il settore militare è un vasto e intersecato mondo di strategie, psicologia, comunicazione e innovazioni. Il Master proposto dall’Università di Firenze è aperto anche a persone non designate dall’Aeronautica militare, che, al termine del loro percorso formativo, potranno rappresentare gli Enti pubblici o le Organizzazioni internazionali che operano nel settore della Difesa e della Sicurezza. L’obiettivo di questo corso è quello di “rendere possibile l’Impiego dei frequentati a livello dirigenziale, come forma di supporto anche internazionale” con la capacità di effettuare analisi di situazioni anche critiche a livello mondiale.

Martina Marradi

L’ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE IN ITALIA

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La popolazione scolastica delle scuole superiori di secondo grado

Nell’anno scolastico 2020/2021, nonostante le difficoltà legate alla pandemia, sono 8,3 milioni gli studenti e le studentesse che hanno fatto ritorno sui banchi di scuola. Di questi, 2’635’110 sono gli studenti frequentanti la scuola Secondaria di secondo grado. Secondo i dati forniti dal Ministero dell’istruzione, 1’327’443 (50,4%) di ragazzi e ragazze frequentano un liceo, 830’860 un istituto tecnico (31,5%) e 476’807 un istituto professionale (18,1%).

Tra i licei più frequentati spiccano lo scientifico (592’372 iscritti) e il linguistico (221’000). Seguono le scienze umane (209’221), il classico (155’114) e l’artistico (118’102). Chiudono i licei musicali e coreutici (20’673) e il liceo internazionale (10’961). Anche gli istituti tecnici e professionali vantano molti iscritti: si parla di 505’851 studenti per il tecnico-tecnologico, 325’009 per il tecnico-economico e 476’807 per i vari indirizzi del professionale.


Il Rapporto 2020 sulla Condizione occupazionale e formativa dei diplomati

Il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, assieme ad AlmaDiploma, ha eseguito un’indagine relativa la condizione occupazionale e formativa di 47 mila diplomati del 2018 e 41 mila del 2016. Secondo il rapporto il 66,9% dei diplomati prosegue gli studi all’università (di cui il 51,4% studia esclusivamente, mentre il 15,5% frequenta i corsi lavorando). Degli iscritti presso un ateneo, dediti esclusivamente allo studio, il 66,4% degli studenti proviene da un liceo, il 38,6% da un istituto tecnico e il 19,2% da un istituto professionale.

L’87,0% dei diplomati del 2018 aveva dichiarato, prima dell’Esame di maturità, di volersi iscrivere all’università, confermando successivamente le proprie intenzioni. L’8,3% degli studenti ha però cambiato idea: il 24,4% di questi sono diplomati tecnici, il 13,3% diplomati professionali e solo il 5,2% sono diplomati liceali.

A un anno dal titolo il 15,3% degli studenti ha dichiarato che la propria scelta universitaria non si è dimostrata vincente. Il 6,6% di coloro che hanno intrapreso gli studi universitari, ha deciso di abbandonare fin dal primo anno; e un ulteriore 8,7% ha già cambiato ateneo o corso di studi. Nuovamente, il tasso di diplomati tecnici e professionali che hanno abbandonato o cambiato corso è maggiore del tasso dei diplomati liceali, anche per il fatto che i primi possono contare su chance lavorative già subito il diploma.

Gli ultimi dati sottolineano l’importanza dell’attività di orientamento, fondamentale per la scelta del corso di laurea. In molti casi, infatti, lo studente superiore non ha raggiunto un livello di maturità tale da poter prendere una scelta pienamente consapevole. Pertanto, particolare rilevanza è data al ruolo della scuola frequentata e dalle possibilità di orientamento che essa offre, oltre che al livello di istruzione che essa fornisce.

Non resta che domandarsi quanto la scuola secondaria sia in grado di formare e di istruire i propri allievi. Quanto sono preparati gli studenti che si accingono ad entrare nel mondo universitario?

I risultati delle prove INVALSI

Uno spaccato della preparazione che fornisce l’istruzione superiore secondaria in Italia, è dato dalle prove INVALSI, introdotte nel 2019 anche al termine della scuola superiore, e che hanno visto oltre il 96% degli studenti di V sostenere i test di Italiano, Matematica e Inglese. A livello nazionale, il 58,2% degli studenti raggiunge risultati almeno adeguati in Matematica, il 65,4% in Italiano. Per quanto riguarda l’Inglese, è prevista la conoscenza della lingua a livello B2 per tutti gli indirizzi delle scuole superiori: nella prova di lettura il 51,8% degli studenti raggiunge il B2, mentre nella prova di ascolto solo il 35%.

L’analisi si fa ancora più drammatica quando si osservano i dati a livello regionale: i risultati, infatti, restituiscono l’immagine di un’Italia profondamente frammentata da nord a sud, in tre parti. La situazione si prospetta peggiore nelle regioni del sud: per quanto riguarda la prova di Italiano, in Campania solo il 51% degli studenti raggiunge un livello adeguato, il 46% in Calabria e il 49% in Sicilia. In matematica, il 39,6% degli studenti raggiunge risultati almeno adeguati in Campania, il 36,9% in Calabria, il 39,2% in Sicilia e il 41,4% in Sardegna.

Nella prova scritta di Inglese i risultati appaiono più tragici: solo il 39,9% degli studenti campani raggiunge un livello almeno adeguato, il 31% in Calabria, il 34,8% in Sicilia e il 34,1% in Sardegna. Nella prova di ascolto di Inglese, gli studenti che raggiungono il B2 sono il 19,5% in Molise, il 19,9% in Campania, il 19,3% in Basilicata, il 14,6% in Calabria e il 14,8% in Sicilia.

In definitiva, i risultati restituiti dalle prove INVALSI non sono incoraggianti: in primo luogo sottolineano che il problema del divario tra i territori regionali è importante. Inoltre, considerando anche gli esiti ottenuti nei test somministrati negli altri gradi di istruzione, si nota come le differenze si accentuano man mano che si passa dalle scuole elementari, alle medie ed, infine, alle superiori.

Michele Cantalupo

MARIO DRAGHI: PROFESSORE DELL’UNIFI

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Laurea in economia all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, PhD al Massachussets Institute of Technology, poi Governatore della Banca d’Italia, presidente della Banca centrale europea ed attuale Presidente del Consiglio dei Ministri. La biografia del professore Mario Draghi è densa di incarichi nazionali ed internazionali, titoli, riconoscimenti ed onorificenze, ma in pochi sanno che l’attuale Primus inter pares del Governo italiano ha insegnato anche presso l’Università di Firenze dove, dal 1981 al 1991, ha tenuto la cattedra di Economia e Politica monetaria e la cattedra di Economia internazionale, presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri“.

Ancora oggi, molti ex studenti ed ex colleghi lo ricordano con profonda stima. Il professor Sandro Rogari, poi preside della facoltà, ricorda il suo rigore, la sua cordialità, ma anche la sua estrema riservatezza. In quegli anni, il professor Draghi introdusse un metodo ancora poco usato nell’insegnamento dell’economia, cioè l’uso delle esercitazioni e delle prove d’esame scritte integrate dal colloquio. Le sue lezioni teoriche erano ricche di esempi pratici, che rendevano la comprensione delle materie economiche molto più accessibile e interessante. Agli studenti, inoltre, lasciava consultare libri, dispense ed appunti, durante le prove d’esame, che consistevano nella risoluzione di esercizi pratici. Tale fatto lasciò sgomenti non pochi docenti e studenti, convinti quindi di essere molto facilitati nelle prove d’esame.

In realtà, come ricorda un ex studente, tutte quelle concessioni servivano a ben poco: bisognava aver studiato e compreso bene i meccanismi economici, per poter superare la prova. Non era facile, infatti, affrontare con successo un esame con il professor Draghi, persona molto affabile, dai modi garbati e signorili, ma molto esigente. Anche nelle valutazioni, l’accademico risultava molto equilibrato e razionale, dimostrando di comprendere bene il grado di preparazione di ogni suo allievo. Nei dieci anni che insegnò nell’ateneo fiorentino, non si trasferì a Firenze ma continuò a vivere a Roma, soggiornando solo due o tre giorni a settimana in una piccola pensione.

Elasticità, rigore ed umiltà hanno caratterizzato l’esperienza accademica del professore che, nel 1991, venne chiamato a ricoprire il ruolo di Direttore Generale del Ministero del tesoro, durante il governo Andreotti VII. Da quel momento prese inizio l’escalation di incarichi o, per meglio dire, la scalata (dato che il Presidente del Consiglio non gradisce l’utilizzo di forestierismi nella lingua italiana) che lo ha portato a risiedere attualmente a Palazzo Chigi.

Dopo il 7° Presidente della Repubblica Sandro Pertini e l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, un altro nome, quindi, si aggiunge alla lista di studenti e docenti che hanno lasciato un segno all’Università di Firenze, dandole lustro. Strana serie di coincidenze o dimostrazione degli elevati standard che caratterizzano l’Ateneo fiorentino? Chi può saperlo… Non resta che domandarsi chi sarà il prossimo.

Michele Cantalupo

UNIFI: MASTER IN BIOINFORMATICA

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Se pensiamo alle discipline di informatica e medicina non penseremmo di certo che abbiano qualcosa in comune: la prima si occupa dell’elaborazione elettronica di ingenti somme di dati, mentre la seconda studia le malattie del corpo umano per garantire la salute della persona.

Cosa può, allora unire entrambi?

La ricerca, o meglio, il grande desiderio di conoscere e scoprire ciò che nel campo della medicina risulta essere ignoto, attraverso computer e macchine di calcolo e questo perché l’applicazione dell’informatica all’analisi di materiale biologico, come DNA o cellule tumorali, ha permesso, negli ultimi anni, l’attenta osservazione delle origini e dei possibili sviluppi di malattie ereditarie ed oncologiche: ciò ha avuto come effetto diretto la produzione di medicinali che andassero a combattere direttamente il problema con una precisione mai vista prima. 

E proprio da ciò nasce la Bioinformatica, un termine che sembra tanto fantascientifico quanto improbabile e che, invece, in questi ultimi anni, risulta essere essenziale per comprendere come il settore della medicina stia cambiando, ma soprattutto, come il mondo delle cure mediche si evolverà di qui a qualche anno. La medicina computazionale diventerà il vero grande settore di punta dei prossimi decenni ed è per questo che l’Università degli Studi di Firenze ha deciso di creare un percorso formativo adatto a nuove figure professionali. Unendo alcuni corsi del Dipartimento di ‘Ingegneria dell’informazione con il Dipartimento di Medicina Sperimentale, l’Università di Firenze ha creato il connubio perfetto: un corso di alta formazione che punta sull’utilizzo di metodi statistici e computazionali per la medicina di precisione.

Come sostiene il coordinatore del corso Alberto Magi, ricercatore di Bioingegneria elettronica e informatica, è fondamentale creare lavoratori che, in questo settore, siano in grado “di utilizzare strumenti matematici, statistici e computazionali  per l’analisi e l’interpretazione, sia in senso numerico che biologico, dei big data in medicina. Si tratta di un settore di fondamentale importanza per l’area scientifica e biomedica: per questo abbiamo deciso di offrire formazione qualificata a due diversi livelli”. Lo specialista che uscirà da questi corsi professionali è una figura estremamente innovativa, dotata di “una spiccata interdisciplinarità“, molto allettante per il mercato pronta a gestire qualsiasi tipo di analisi, sia sotto il profilo biologico che informatico.

Ma una domanda, tanto semplice, quanto rilevante può essere posta: come si accede a questo Master?

I posti disponibili ogni anni sono 20 e il bando è aperto per i seguenti tipi di laureati: biologia, biotecnologie, farmacia, fisica, informatica, ingegneria, matematica, medicina e chirurgia, scienze chimiche e scienze statistiche. Sono disponibili borse di studio e materiale didattico in supporto economico allo studente.

 Siete pronti ad iscrivervi al prossimo bando?

Martina Marradi