STUDENTE UNIFI RECLUTATO DALLA NASA: INTERVISTA A GIOVANNI POGGIALI

Quando il limite tra fantascienza e realtà diventa sottile

Martina Marradi intervista Giovanni Poggiali, dottorando di Fisica presso l’Università degli Studi di Firenze che ha collaborato con la NASA attraverso la missione spaziale OSIRIS-REX per raggiungere l’asteroide Bennu. L’obiettivo è tanto semplice quanto ambizioso: riuscire a capire come si è formata la vita nella nostra Galassia.

Intervista a Giovanni Poggiali

Cosa ti ha spinto a studiare Fisica presso l’Università di Firenze dopo il diploma?

Non ho sempre voluto studiare fisica: fino alla prima metà del liceo volevo fare Archeologia e poi negli anni di liceo, grazie ad incontri ho cambiato filoni di ricerca e dall’investigare il passato ho voluto investigare il futuro. La fisica e l’astrofisica, in particolare, sono quanto di più vicino alla fantascienza e a ciò che si può trovare come lavoro

Come ti sei sentito quando sei stato scelto dalla NASA per collaborare con loro?

Già nella tesi Magistrale avevo iniziato a lavorare in laboratorio, che si trova all’Osservatorio di Arcetri e, con il mio supervisor, avevo iniziato a lavorare in supporto alla missione: il titolo della mia tesi Magistrale era “Spettroscopia infrarossa in laboratorio in supporto alla missione” appunto. Quando sono entrato all’Università di Firenze abbiamo iniziato la procedura per farmi accettare ufficialmente nel team della missione e all’inizio ci sono stati un sacco di documenti da firmare, fogli… burocrazia americana questa volta! E quindi, di per sé, non c’era nemmeno troppo la cognizione di ciò che stava accadendo, ma il primo momento in cui mi sono reso conto che ero entrato nel team di una missione NASA attiva è stata quando ho partecipato al primo meeting di tutta la missione: ero collegato […] con il capo della missione e stavamo discutendo sull’avvicinamento della sonda all’asteroide Bennu e di quello che sarebbe accaduto di lì a poco e lì ho capito immediatamente che mi trovavo al centro dell’azione“

Spiega in poche parole in cosa è consistito il lavoro alla NASA

La missione è NASA, però non è gestita direttamente dalla NASA, cioè è finanziata dalla NASA, sì,  ma è gestita dall’Università dell’Arizona che si trova a Tucson. Il mio lavoro si è sviluppato in due direzioni parallele: da una parte ho svolto quello che, in fondo, è stato il mio progetto principale di tesi, ovvero lo studio in laboratorio di campioni analoghi per andare a interpetrare i dati che la sonda stava raccogliendo. In laboratorio abbiamo analizzato minerali terresti e meteoriti per riprodurre dei dati di spettroscopia infrarossa che servissero all’interpretazione dei due spettrometri che erano a bordo della missione […].Parallelamente partecipavo alle discussioni del working gruop che si occupava di spettroscopia e ho avuto la fortuna di lavorare in laboratorio sui dati che mi venivano forniti, osservando gli spettri originali della sonda raccolti sull’asteroide”    

Quale tipo di materiale è stato raccolto dall’asteroide Bennu?

Bennu è un asteroide carbonaceo che fa parte di quella classe di asteroidei che si pensa siano ricchi di carbonio […]. I carbonacei presenta una grande quantità di materiale organico e quando parlo di materiale organico intendo i mattoni costitutivi della vita: dentro questi asteroidei abbiamo trovato amminoacidi, zuccheri e tutte quelle molecole che compongono gli organismi viventi sulla terra e ciò ci fa capire l’importanza di questi oggetti. Sulla Terra non abbiamo ben chiaro come si sia originata la vita, ma sappiamo quali sono i mattoni fondamentali costitutivi della vita e sappiamo che questi “mattoni” sono arrivati principalmente con i meteoriti carbonacei. La missione OSIRIS-REX ci porterà nel 2023 gli asteroidi a terra e ci si potrebbe chiedere, perché, se abbiamo già dei pezzi di meteorite a Terra vogliamo quelli degli asteroidi? […] Questi pezzi di meteoriti si sono contaminati dalla nostra atmosfera a da ciò che c’è sulla Terra, mentre i campioni che preleviamo dagli asteroidi sono puri.”

C’è vita oltre la Terra?

Questa domanda, fino a qualche anno fa faceva parte della fantascienza, ma da qualche tempo fa parte della scienza […]. L’astrobiologia cerca di capire se la vita si è originata in altri pianeti del Sistema Solare o di Sistemi Planetari. Ad oggi la domanda ha la seguente risposta: non abbiamo trovato vita né nel sistema solare né nei sistemi planetari, però le speranze non sono vane, perché anche nel nostro sistema solare ci sono oggetti interessanti come Marte, dove sono in corso tantissime missioni. Questo pianeta rappresenta il jolly del mazzo: speriamo di trovare informazioni che ci dicano che su quel pianeta c’era vita, ma un altro target interessante sono le lune ghiacciate che si trovano a orbitare attorno ai giganti gassosi Giove e Saturno: sono nuclei rocciosi ricoperti da oceani di acqua liquida ghiacciata. Sappiamo che l’acqua è un elemento fondamentale per la Terra e ci aspettiamo che sia fondamentale anche per l’intero Universo.”

Quale sarebbe il tuo sogno professionale?

 “ Mi piace molto l’ambito delle missioni spaziali e spero di continuare in questo ambito, sia di missioni in corso che future, perché mi interessa tutto il sistema che sta intorno alla missione stessa che da un lato ha u risultato di natura scientifica, ma ha anche tutto un sistema che rende possibile tale obiettivo (ingegneri, coloro che organizzano le traiettorie)… e c’è un lavoro enorme dietro e questo richiede uno sforzo di centinaia di persone che devono lavorare insieme per raggiungere lo scopo finale.”

Ritieni che il settore aerospaziale italiano sia competente a livello mondiale?

La risposta è facile: sì. Sappiamo che la situazione della ricerca italiana non è delle più limpide: ci sono altri Paesi dove la ricerca viene considerata un settore di punta e in Italia non sempre è così. L’Italia ha anche un grosso settore tecnologico industriale che riguarda l’aerospazio: molte aziende europee hanno la loro sede qui. […] l’Italia è leader nella partecipazione di molte missioni e siamo uno tra i partner migliori che si possono trovare nelle missioni stesse.”

Firenze, 10 febbraio 2021

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LA ROTONDA DEL BRUNELLESCHI: INTERVISTA A LORENZO CICCARELLI

Un grande architetto fiorentino

Beatrice Carrara intervista Lorenzo Ciccarelli, ricercatore di Storia dell’architettura all’Università di Firenze.

Intervista a Lorenzo Ciccarelli

Riguardo alla cosiddetta Rotonda del Brunelleschi ha degli accenni storici o curiosità di cui ci vuole parlare?

La Chiesa di Santa Maria degli Angeli (meglio conosciuta come Rotonda) è l’unico edificio a pianta centrale approntato in vita dal Brunelleschi. Purtroppo la vicenda costruttiva della chiesa è stata molto complessa, abbandonata e ripresa più volte, e seguita da Brunelleschi solo nelle sue fasi iniziali. Questa storia travagliata ha fatto si che l’edificio che oggi possiamo ammirare – completato solo negli anni Trenta del Novecento – sia solo parzialmente conforme ai propositi originali, e impiegato non più come luogo di culto ma come uffici e laboratori dell’Università di Firenze.”

Oggi il manufatto, al suo esterno, si presenta sfigurato a causa di scritte fatte con bombolette spray. A riguardo di ciò cosa pensa ? E cosa consiglia per evitarlo in futuro?

L’incuria è conseguenza della mancata consapevolezza del valore monumentale dell’edificio. Purtroppo la chiesa non è facilmente accessibile da tempo, e forse gran parte dei cittadini nemmeno è a conoscenza che l’impianto originario dell’edificio si deve al Brunelleschi, nonostante il nome della contigua piazza. Credo sarebbe utile ripulire le facciate, valorizzare la fascia di spazio circostante e predisporre dei pannelli che possano spiegare alla cittadinanza la storia e le vicende della chiesa di Santa Maria degli Angeli.”

Nel 1937 Rodolfo Sabatini ha diretto i lavori di restauro sul manufatto seguendo il principio della ‘nuda semplicità’. Lavoro largamente criticato, lei invece cosa ne pensa?

I criteri di restauro sono mutevoli nel tempo e sarebbe facile (e anche ingeneroso) criticare oggi un lavoro approntato quasi un secolo fa. L’incuria a cui è sottoposta la chiesa di Santa Maria degli Angeli non è certamente dovuta ai restauri intrapresi nel tempo, ma ad una scarsa valorizzazione dello spazio interno, informazione alla cittadinanza e valorizzazione della piazza antistante.

Ai nostri lettori che coltivano l’amore per la storia dell’architettura ha delle letture irrinunciabili che consiglia? E dal punto di vista professionale?

Il consiglio che mi sento di dare è quello di uscire di casa e visitare in prima persona gli spazi pubblici e gli edifici delle città d’Italia avendo sottomano le guide verdi e rosse del Touring Club. Queste guide sono infatti sia scientificamente molto valide che accessibili anche a un pubblico non specializzato. Nessuna spiegazione video o lettura di libri può sostituire l’emozione di visitare quegli edifici e quelle città che, nonostante siano state immaginate e concepite molti secoli fa, ancora oggi continuano a parlarci e ad emozionarci.

Firenze, 5 febbraio 2021.

COMMEMORAZIONE DI ADOLFO NATALINI: INTERVISTA A LUCILLA CONIGLIELLO

Una delle costruzioni dell’architetto Adolfo Natalani

Beatrice Carrara intervista Lucilla Conigliello, direttrice della Biblioteca delle Scienze Sociali di Novoli, proiettata da Adolfo Natalini, il soggetto dell’intervista.

Intervista a Lucilla Conigliello

Il prossimo 23 gennaio, ricorre l’anniversario della morte di Adolfo Natalini, ideatore del centro universitario di Novoli. Personalmente, cosa le piace di più del centro Universitario? E di cosa necessita il centro?

Credo che il polo universitario di Novoli sia una realizzazione che trova riscontri positivi nella vita di migliaia di universitari. Da un punto di vista architettonico c’è una coerenza d’ispirazione, e rimandi alla tradizione italiana, dal Rinascimento all’architettura del Ventennio, con elementi di variazione legali anche ai diversi usi degli edifici. A Novoli sono presenti, nel progetto originario, una biblioteca e sale congresso, studi, laboratori e uffici, che bene si sono integrati poi con le strutture realizzate poi ad opera di altri architetti quali la mensa e la residenza studentesca, che ospita anche una libreria e attività commerciali. Per chi studia e lavora nell’ambito delle scienze sociali è tutto molto comodo e vicino. A mio avviso manca un po’ di verde tra gli edifici, anche se la piazza Ugo di Toscana è molto apprezzata da studenti e residenti, come anche il vicino parco di San Donato.”

-Attraverso la figura di Adolfo Natalini, spontaneamente, celebriamo anche il centro universitario di Novoli. Lei cosa celebrerebbe del centro universitario?

Sono necessariamente partigiana, ma anche credo che la biblioteca sia l’edificio certamente più bello del complesso. E’ una realizzazione unica, di circa 15.000 mq, che contiene circa un milione di volumi su 30 km di scaffalature (di cui 16 km ad accesso diretto per il pubblico), 1000 postazioni, un centinaio di thin client, un’emeroteca e un’aula didattica, il Centro di documentazione europea, collezioni storiche e archivi… E’ un unico spazio aperto su tre piani, con un grande occhio centrale, sala studio diffuse, con tavoli e arredi progettati da Natalini stesso. Vi si può studiare con piacere, è facile concentrarsi nonostante i grandi numeri di frequentatori, e acusticamente c’è una buona schermatura per i rumori, garantita proprio dagli scaffali.”

Ai curiosi che vogliono approfondire la storia della biblioteconomia, cosa consiglia di leggere? E a coloro che vogliono intraprendere la carriera bibliotecaria, ha dei consigli professionali?

“Quella del bibliotecario è una professione ma anche un po’ una missione, come quella del maestro o del medico. Si devono amare le persone e desiderare rispondere ai loro bisogni, mettersi a disposizione. Ovviamente si devono amare i libri e la ricerca. I contenuti della professione sono cambiati radicalmente negli ultimi decenni e cambiano ogni giorno. L’editoria digitale sta prendendo sempre più campo e i servizi della biblioteca variano. Collaboriamo con i corsi di laurea insegnando ai laureandi come ci si documenta e come si selezionano e usano efficacemente le diverse risorse, incluse le numerose banche dati che mettiamo a disposizione; e offriamo esperienze diversificate, quali i laboratori di scrittura di voci dell’enciclopedia libera Wikipedia, o cicli di seminari e iniziative, anche per la promozione della scienza aperta. Alcune delle nostre iniziative sono state messe in crisi dalla pandemia, ma siamo pronti a ripartire. A chi voglia intraprendere la professione bibliotecaria consiglierei di scegliere un adeguato percorso formativo e poi di partire con un’esperienza iniziale di tirocinio, volontariato o servizio civile, per annusare l’aria. C’è sicuramente bisogno di braccia e menti giovani…”

-Il 2021 ha progetti in serbo per il Polo Universitario di Novoli che ci vuole anticipare?

Direi che la pandemia ci ha spinti a concentrarci sugli studenti, su diversi fronti, che in questo momento rappresentano la nostra priorità: allargare l’offerta di manuali e documentazione on line per la didattica, per ottenere un accesso facilitato e allargato, e garantire agli studenti risparmi nei costi legati all’acquisto dei libri di testo; trasformare e spostare la nostra offerta formativa da in presenza a elearning, in modo che tutti possano fruire dei corsi con riconoscimento di crediti. Ogni studente può poi contare su appuntamenti personalizzati, con la possibilità di venir seguito per la ricerca durante la tesi. Siamo consapevoli che in questo momento la biblioteca rappresenta un’importantissima àncora di normalità dove poter continuare una semplicità di vita, studiando in mezzo ad altri, con tutte le garanzie di sicurezza.

Firenze, 22 gennaio 2021

ARTGRAM: INTERVISTA AD ANDREA DE MARCHI

“Un po’ di arte al giorno può allontanare la nostalgia di torno?”

Beatrice Carrara intervista Andrea De Marchi, professore ordinario di Storia dell’arte medioevale e coordinatore del Dottorato regionale in storia delle arti e dello spettacolo all’Università di Firenze, per parlare di “artgram“, un’agenda giornaliera che ci ricorda quanto sia importante l’arte.

Intervista al prof. Andrea De Marchi

Il 2020 ci ha obbligato a mediare attraverso le piattaforme informatiche la nostra passione per l’arte. Ha dei buoni auspici per questo 2021? O lavori in programma che vuole anticipare ?

La ricchezza di stimoli non manca. L’offerta di eventi, forum, meeting telematici ci mettono a disposizione con estrema facilità opportunità di ogni genere. Il problema è disciplinare questa offerta, saper fare delle scelte, anche nell’impiego del proprio tempo, e per chi si occupa di storia dell’arte non dimenticare mai l’importanza dell’esperienza diretta delle opere, sia per la loro materialità sia per il contesto frastagliato in cui sono immerse. In generale bisogna arginare il rischio che la dimensione virtuale, che offre potenzialità anche stupenda, non fagociti quella esperienziale. Da più di un anno assieme a due belle squadre di studiosi, per lo più giovani, stiamo lavorando a due progetti di ricerca su Allegretto Nuzi a Fabriano e su Ottaviano Nelli a Gubbio, sul Trecento e sul tardogotico in queste due cittadine molto importanti nel cuore dell’Appennino, con l’obiettivo di aprire due mostre a settembre, collegate a itinerari nelle chiese e nel territorio. Ora la situazione è ancora molto incerta e problematica, nel corso dei mesi prossimi capiremo se ciò si potrà realizzare e quindi costituire un’offerta importante per un momento di auspicabile ripresa della piena e libera mobilità, o se saremo costretti a rimandare. Intanto ci stiamo lavorando, come normale che sia. Dobbiamo sfruttare lo stallo attuale per studiare e riflettere di più, tutti. Forse potrebbe servirci.

In Artgram ogni giorno si vivacizza con una curiosità inerente all’arte. Quale tra esse l’ha emoziona di più?

Forse quelle che ho messo verso la fine, al termine del percorso diacronico, del viaggio molto personale attraverso la storia dell’arte, dal IV sec. a. C. ad Anselm Kiefer che ho provato a delineare. Quelle che cercano di far ragionare sui contesti di provenienza dimenticati e su una percezione anche luministica delle opere nei luoghi di origine, con sorprese straordinarie come fu per me anche quella di vedere i raggi del sole al tramonto che infuocavano e per trasparenza il rilievo marmoreo assottigliato ad arte tutto attorno al corpo morente di Cristo, nel pulpito di Nicola Pisano del Battistero di Pisa (alla data lunedì 29 novembre). Me ne accorsi anni fa, nel mese di gennaio, accompagnando un gruppo di studenti del primo anno.

Personalmente trovo che Artgram sia essa stessa un messaggio di speranza per il nuovo anno, di non abbandonare l’amore per l’arte ma anzi coltivarlo quotidianamente attraverso accenni, curiosità, interrogativi, nella speranza di poterla di nuovo studiare e contemplare dal vivo. Non vorrei sbagliarmi, cosa vuole comunicare a suoi lettori?

Un amico mi ha scritto: “L’agenda mi comunica una grande nostalgia per i viaggi e le scoperte che li accompagnano”. In effetti è caduta quasi paradossalmente nel momento in cui siamo più inibiti a girare e scoprire le opere celate nelle pieghe del territorio e dei musei minori. Sì, il maggior auspicio è che aiuti ad attizzare questo desiderio, suggerisca in futuro di esplorare sentieri meno battuti, col gusto anche della scoperta, di divertirsi, perché no? Perché chi pratica la storia dell’arte ne prova diletto (donde il termine “dilettante” con cui nel Settecento si indicavano gli amatori e intenditori di arte) e non deve vergognarsi di ciò! Jacob Burckhardt aveva sottotitolato il suo “Der Cicerone”, un fortunatissimo Baedeker per girare l’Italia alla scoperta delle opere d’arte, specie del Rinascimento, “Eine Anleitung zum Genuß der Kunstwerke Italiens”, un’introduzione al piacere per le opere d’arte d’Italia.

Nel maggio dello scorso anno ha partecipato al webinar “Per un’altra Firenze” che discutevano dell’urgenza di ripensare allo sfruttamento intensivo turistico in città come Firenze. Tra le numerose idee e stimoli che ne sono scaturiti, secondo lei, quale tra essi deve essere in primo luogo coltivato dagli studenti che si affacciano a una professione nel campo umanistico? E la questione più urgente da mettere in atto nel 2021 ?

Il mondo è cambiato e sta cambiando radicalmente. La gestione dei beni culturali una volta era garantita da un sistema potentemente incardinato sulla rete delle Soprintendenze, che fra gli anni settanta e ottanta hanno conosciuto una stagione gloriosa. Ora questo sistema è in crisi e non possiamo nascondercelo. La tutela è però un’esigenza sempre più viva e fin drammatica, va garantita ripartendo dal basso, dalle comunità, dalla rete potenziale dei musei locali che vanno qualificati come presidi quotidiani, vanno fatti vivere anche come luoghi di aggregazione e di conoscenza, estesa al territorio circostante. Un giovane storico dell’arte deve essere consapevole che deve avere molta inventiva coi suoi compagni, creare cooperative, offrire servizi, lanciarsi sulla comunicazione digitale, sensibilizzare a partire dai piccoli gruppi ancora radicati in un territorio che sentono come loro, fare proposte concrete e saperle organizzare, cercando sostegno negli enti locali, nei gruppi di volontari, nelle associazioni, nelle scuole, negli istituti di credito locali, nelle parrocchie, ecc. Ci vuole molta fantasia, ma con la collaborazione dei social e dei mezzi digitali si può far conoscere meglio il patrimonio diffuso e spesso ignorato anche da chi ci vive accanto, per non dire delle infinite difficoltà anche di accessibilità che il turismo culturale più colto e raffinato, che non è così esiguo, incontra. Si è visto il successo delle domeniche del FAI, una o due volte all’anno. Ma il FAI non è sistema, dovrebbero nascere ovunque gruppi che provino ad estendere lungo tutto l’anno proposte analoghe, unendo studio e valorizzazione, tutela e accessibilità, divulgazione e approfondimenti. Le cose da fare sarebbero infinite, basta guardarsi attorno. E sicuramente acquisire una certa scioltezza nel comunicare, in maniera anche aggressiva, ma con idee chiare in testa.

A tutti coloro cui preme l’impossibilità di vivere fisicamente il mondo culturale cosa consiglia?

Io penso, o almeno spero, che questa dura esperienza di limitazioni ci insegnerà ad apprezzare meglio e più intensamente le esperienze future, a saperle anche selezionare, proprio come chi riacquista la libertà dopo un periodo di cattività e lo assapora in maniera più autentica e consapevole. Per chi è religioso, ringraziando Dio nella propria vita, in ogni momento, per la bellezza di queste esperienze, come un dono.

Firenze, 17 gennaio 2021.

UNIFI TERZA UNIVERSITÀ D’ITALIA: INTERVISTA A DUE NEOLAUREATI

Firenze: la terza Università migliore di Italia

Firenze, culla di artisti e scrittori, non è solo una delle città più ricche di cultura d’Italia, ma presenta la terza università migliore della penisola. I dati forniti dal Censis nel 2020 sonochiari: l’Università di Firenze risulta essere al terzo posto, dopo l’università di Bologna e di Padova, per la grandezza dell’ateneo e per il numero di iscritti.

Martina Marradi ha intervistato due neolaureati presso l’Università degli Studi di Firenze per capire il loro punto di vista sulla qualità dell’Università.

Intervista doppia

Qual è stata la tua esperienza all’Università di Firenze, per ciò che concerne la qualità dei servizi e dell’insegnamento che è stato impartito?

Studente A: “Sicuramente la qualità dell’insegnamento risulta essere ottima, per quanto mi riguarda. Devo sottolinearne tanti pregi, come il rapporto con i docenti: essendo un Campus piccolo i rapporti sono molti ravvicinati, soprattutto negli ultimi anni. È un’Università che punta tanto sulla internazionalizzazione, non solo con gli Erasmus, ma anche con laboratori per avvicinarsi con il mondo del lavoro. Ci sono molte opportunità per rapportarsi con questo ambiente, un mondo pratico della vita di tutti giorni…e questo è ottimo, sia a livello di didattica che nel mondo del lavoro, appunto “

Studentessa B: “La mia è stata un’esperienza positiva: l’ambiente universitario è diverso dall’ambiente delle superiori, perché ti confronti con un mondo più grande di te e per quanto riguarda l’insegnamento mi ritengo soddisfatta. Certo, c’è sempre quel corso che ti lascia l’amaro in bocca o quel docente che non ti ha soddisfatto al cento per cento… sul discorso Segreterie ci sarebbe un po’ da lavorare”

Ritieni che l’Università di Firenze offra adeguati servizi per il diritto allo studio?

Studente A: “ Sicuramente tutti quei servizi legati al diritto allo studio sono importanti: penso agli alloggi universitari, sia a Novoli che in altre sedi; alle agevolazioni matricola fratello-sorella; sconti sulle tasse universitarie; la mensa gratuita per chi ha una fascia ISEE bassa: rispetto ad altri atenei di Italia i servizi sono soddisfacenti“

Studentessa B:  “Direi di sì: non ho partecipato a molte iniziative che l’Università organizza, ma vedo che l’Istituto è attento a offrire opportunità, corsi, bandi anche per i post- laureati, con corsi di lingua, corsi da 24 CFU per l’insegnamento totalmente gratuiti per chi frequenta l’Università: mi sembra che cerchino di offrire la maggior inclusività possibile”

Secondo la tua esperienza qual è l’elemento che distingue l’Università di Firenze rispetto a tutte le altre?

Studente A: “ Mi sento di dire una parola: comunità. L’Università di Firenze non è grandissima e questo è un grande vantaggio perché permette di conoscere, avere più rapporti e fare più esperienze a livello universitario, ma anche i servizi che offre sono buoni, dalle biblioteche alla wifi alle aule studio. Per quanto riguarda la mia facoltà (Giurisprudenza) si potrebbe potenziare il corso di inglese per permettere di entrare più facilmente nel mondo del lavoro. Si dovrebbero aumentare, anche, gli stages nel settore privato, perché è quello che ti può collegare con la tua futura professione“

Studentessa B: “ Sicuramente l’inclusività che l’Università porta avanti è importante. Inoltre il mio corso offre la possibilità di scegliere moltissimi corsi e ciò permette di modellare il tuo studio sulla base delle tue preferenze e di ciò che vorrai fare un domani e questo riguarda oprattutto le Magistrali  ”

Firenze, 20 novembre 2020

SINDACALISTA PER I DIRITTI DEI RIDERS: INTERVISTA A YIFTALEM PARIGI


Studente e sindacalista…

Martina Marradi intervista Yiftalem Parigi, classe 1999, studente dell’Università di Firenze nonché neosindacalista della CGIL.

Intervista a Yiftalem Parigi

Che facoltà frequenti e che cosa ti ha spinto a studiare proprio all’Università di Firenze?

Frequento il terzo anno di Economia Aziendale. Ho scelto l’Università di Firenze perché abito a Firenze.

Sei stato rappresentante d’istituto a liceo, sei stato rappresentante all’università quindi sei sempre stata una persona attiva, volta a dare una direzione alle istituzioni scolastiche. Che cosa puoi dire in merito?

Ho sempre fatto rappresentanza da quando avevo 15 anni e sono sempre stato una persona abbastanza polemica. Mi ha sempre preso il combattere della battaglie difficili. Quando vedevo qualcosa che non mi andava bene mi buttavo sempre nella mischia dalla superiori fino a ora.

A che età hai iniziato a lavorare come rider?

“Ho iniziato a lavorare come rider all’età di 18 anni, poco dopo averli compiuti, perché nel mio gruppo di amici quasi tutti lo facevano. Si parla di 3 anni fa, ed era un lavoro fatto davvero di tantissimi giovani proprio perché ti permetteva una flessibilità come quella di mettere insieme le esigenze personali e le esigenze delle scuole superiori. Quindi cominciai così, poi ho continuato fino a ora. Anche se ora potrei trovare altro. Ma quando cominci una battaglia ci rimani, non ti levi di mezzo.”

Hai scelto questo lavoro per pagarti gli studi…come ti sei trovato e quali sentimenti ti hanno spinto a lottare per i diritti di tutti i rider d’Italia?

Mi sono trovato discretamente bene all’inizio perché non conoscevo bene tutta la questione sui diritti e le tutele, quindi quello che mi davano mi sembrava normale. Poi parlando con i colleghi con il tempo ho notato che le persone si lamentavano di alcune problematiche […] Con il tempo, grazie ai colleghi che facevano da più tempo questo lavoro, ho incominciato a capire quali erano i diritti che ci spettavano in quanto lavoratori. Le condizioni andando avanti sono progressivamente peggiorate e con questo peggioramento però sono aumentati anche gli interessi dei lavoratori di combattere per migliorare le condizioni di lavoro. In questo contesto siamo venuti un giorno a contatto con la CGIL e con la Regione perché eravamo in Piazza della Repubblica, dove aspettavamo tutti insieme le consegne, e si presentò Enrico Rossi e la segretaria generale della CGIL Firenze. Si misero a parlare con noi e ci proposero un incontro. Si parla del 2018. Da lì è partito tutto.”

Secondo te le piattaforme digitali hanno modificato il modo di lavorare? Se si, come?

Le piattaforme digitali il modo di lavorare l’hanno modificato in maniera radicale. All’inizio ogni città aveva un responsabile, e così c’era anche una piattaforma per prenotare i turni, ma c’era sempre una persona fisica che comunque controllava se c’erano problemi con la piattaforma, con le singole persone, eccetera. Progressivamente questi responsabili sono venuti a diminuire. Quindi si è di fatto sempre di più depersonalizzata la cosa fino al punto a cui siamo arrivati ora. Per i lavoratori ciò ha causato dei grandissimi problemi: hanno sfruttato questa cosa per levarci tutele. Il problema è stato soprattutto la disintermediazione: se avevi un problema peculiare la piattaforma, che è abituata a ragionare per problemi fissi e preimpostati, non era in grado di risolverlo in quanto è un algoritmo.

Hai scritto una lettera alla CGIL: cosa vorresti che questa facesse per il mondo dei lavoratori, dato che, come hai scritto nella lettera, “il mondo del lavoro sta cambiando“?

A Firenze per la questione dei rider chiesi a loro di impegnarsi, di investire su questa battaglia e di provare a cambiare investendo su delle nuove battaglie come quella dei rider. E’ necessario un cambiamento, è necessario dare spazio ai giovani. Questo è stato fatto a Firenze: la dimostrazione è che io sono qui. Non è avvenuto in tutta Italia però a Firenze posso dire è stato fatto. Le cose le stiamo provando a migliorare combattendo per diritti e tutele.”

Ora che sei sindacalista quali sono gli obiettivi più importanti da raggiungere nel mondo del lavoro?

Nel mondo del lavoro il mio obiettivo è quello di provare a impedire che queste nuove forme di lavoro siano un metodo per tornare ai primi del ‘900. Inoltre, vorrei dimostrare che queste tecniche non possono essere utilizzate in Italia come non possono essere utilizzate in nessun altro paese o settore.

Cosa vorresti dire a tutti quei lavoratori giovani che si sentono sfruttati, hanno un lavoro precario e si sentono scoraggiati?

Di non accettare lo sfruttamento facendo passare l’idea alle aziende che le nuove tecnologie devono essere accompagnate da tutele per i lavoratori”.

-Come ti vedi da qui a 10 anni?

[…] La speranza è quella di aver terminato questa battaglia e di averla vinta. E poi magari di poter continuare a investire su altre battaglie affini dove ci sono gli stessi identici problemi che magari non vengono fuori nel dibattito pubblico”.

Un’ultima domanda che sembra scontata ma è importante: come stai adesso? dopo tutto quello che è successo.

Bene. C’è una grande soddisfazione. Mi ricordo all’inizio quando si cominciò a combattere questa battaglia io e un gruppo di amici pensavamo di combattere una battaglia persa. Invece ci stiamo dimostrando che così non è. Mi sono convinto che molti vogliono avere diritti e tutele. C’è una soddisfazione dunque sia mia che del gruppo“.

Firenze, 28 ottobre 2020.