Savinien Cyrano de Bergerac

Tempo di lettura: 3 minuti.

La storia, certe volte, con il suo andare antidemocratico, innalza nasconde o cancella uomini, donne e le loro azioni solo per uno squisito gusto personale e casuale.

Però, esistono esseri umani ripescati dall’inferno letterario in cui erano caduti e riabilitati a favore dei moderni. Questo è il caso di Savinien Cyrano de Bergerac.

Più volte nel corso della nostra vita avremo sicuramente sentito parlare di questo Cyrano, del suo naso enormemente lungo e del suo disprezzo verso il potere.

Ma, in tutte le occasioni che il suo nome ha risuonato nel nostro cervello, non facciamo riferimento alla persona reale bensì al personaggio principale della tragedia di Edmond Rostand, drammaturgo francese del XIX.

Nell’opera teatrale, il povero Cyrano è un uomo terribilmente coraggioso ma scisso in due dal suo amore per Rossana e dal suo odio verso il suo corpo e, in particolare, il suo naso abnorme. 

Rostand plasmò il protagonista sulla figura del celebre attore Constant Coquelin e sulla vita del vero Cyrano de Bergerac.

 Savinien Cyrano de Bergerac nacque nel 1619 a Parigi in un periodo brulicante di nuove teorie astronomiche e filosofiche.

 Savinien non fu un uomo qualunque: soldato, libertino filosofico e primo scrittore a realizzare il prototipo del romanzo fantascientifico.

In una delle opere sopravvissute alla censura, “Gli Stati e gli Imperi della Luna”, viene riportato un curioso viaggio spaziale dove scienza, satira e relativismo la fanno da padrone.

Nel racconto, il protagonista tenta vari metodi per poter ascendere alle stelle come legarsi i fianchi con delle ampolle piene di rugiada che, tramite il calore del sole, riescono a sollevare i corpi leggeri oppure, realizzando una macchina di legno, colma di razzi, con l’obiettivo di ergere, contro ogni legge della fisica, un uomo senza bruciarlo. Quest’ultimo metodo sarà la giusta chiave per salire sulla superficie lunare.

Una volta atterrato sul suolo straniero, il protagonista nota la piccolezza della Terra e soprattutto la nullità della Francia rispetto all’intero mondo. Al tempo di Savinien, la Francia era sotto il controllo di Luigi XIII: la società francese iniziava quel lungo cammino di influenze culturali e politiche verso l’Europa che vedranno l’apice con il Re Sole, Luigi XIV. In opposizione a questo nascente controllo francese, nacque una sorta di relativismo antifrancese dove scrittori, come il nostro Savinien, criticavano aspramente, anche se in modo velato, i costumi sociali e quel senso di individualismo tanto ammirato da stati e popoli.

Successivamente il racconto presenta gli abitanti della Luna ossia degli esseri che camminano a quattro zampe ma comunicano in modi differenti in base alla classe sociale: le persone colte, quando erano stanche di parlare, iniziavano ad emettere delle melodie tanto elaborate quanto era importante l’argomento della conversazione mentre, le persone del popolo si esprimevano mediante il movimento del corpo, realizzando una sorta di spettacolo teatrale basato sul mimo. La società descritta è utopica, ispirata sicuramente a quella comunista ideata da Tommaso Campanella (e realizzata in parte in Calabria) e a Utopia di Tommaso Moro, dove la moneta è rappresentata dalle poesie e le persone anziane vengono comandate dai giovani.

Ciò che emerge prepotentemente in realtà è l’assurdo egocentrismo degli abitanti della Luna: nasce verso il protagonista e dunque, verso le persone straniere, una reazione mista fra paura ed incoscienza seguita da quella ignorante superiorità che fa credere di essere migliori rispetto ad un altro essere solo perché si ritiene di vivere in una società più colta e più democratica. 

La reazione spropositata e la non accettazione non sono altro che la negazione di tutta quella società che gli abitanti della Luna (ma anche della Terra) elogiano come migliore, razionale e liberamente aperta.

La sfortuna, o meglio, la censura ecclesiastica e statale, ha voluto nel tempo cancellare le tracce di questo anormale pensatore etichettandolo come pericoloso sia per i vari riferimenti scientifici a Galileo e a Pierre Gassendi sia per il messaggio di libera accettazione del diverso.

Tutto ciò che vi ho presentato è stato oggetto di una parte fondamentale del corso di Letteratura Francese all’Università di Firenze.

Concludo riportando una piccola frase detta dal Demone di Socrate che, nonostante sia estrapolata dal suo contesto, riesce ad imprimersi nei pensieri di tutti noi: “ Pensate a vivere liberamente”.

Giulia Freno

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