LO SPEDALE DEGLI INNOCENTI TRA PASSATO E PRESENTE

Tempo di lettura: 5 minuti.

Spedale”, dal dialetto fiorentino, dedicato all’accoglienza dei bambini abbandonati; “Innocenti”, in riferimento all’episodio biblico della strage degli innocenti. Quante volte ci siamo passati accanto, quante volte abbiamo attraversato la piazza di Santissima Annunziata, ora al centro di ferventi polemiche legate alla movida fiorentina in tempo di pandemia? La piazza di Santissima Annunziata ha avuto (e speriamo possa tornare presto così) un ruolo centrale per gli studenti di discipline umanistiche: chi non ha mangiato una schiacciata durante una pausa dalle lezioni tenute nella sede della Facoltà di Lettere di Piazza Brunelleschi? Chi non ha sorseggiato uno spritz festeggiando un esame passato magari nella attigua sede universitaria di Via Laura, o quella in via Gino Capponi? La piazza e le scalinate del loggiato sono state teatro di tante esperienze studentesche, da manifestazioni legate a svariati obiettivi a “semplici” studi e analisi di ciò che caratterizza lo spazio circostante: ed è proprio di quest’ultimo che andiamo a trattare.

Una veduta presa dall’angolo uscendo da Via Gino Capponi, zona universitaria molto frequentata.

Certo lo Spedale ne ha viste di cose: la sua fondazione risale al 1417, dopo un generoso lascito del celebre mercante pratese Francesco Datini, cui specialmente gli archivisti devono molto alla luce del vastissimo archivio di lettere e registri da lui realizzato, che ha permesso di avere uno spaccato della vita dei mercanti di metà XIV secolo. Nel 1419 lo Spedale è niente più che un seme, appoggiato delicatamente ai lati di quella che diventerà la piazza di Santissima Annunziata, che attende di germogliare.

Il demiurgo dello Spedale (e poi della stessa Firenze per molti aspetti) sarà il tanto caro ai fiorentini Filippo di Ser Brunellesco Lapi: dietro lo sguardo severo dell’Arte di Por Suora Maria, garante del lascito del Datini, Brunelleschi farà innalzare la prima colonna del portico degli Innocenti nel 1421 (un anno dopo la partenza dei lavori per la cupola di Santa Maria del Fiore) e sarà a capo dei lavori fino al 1427, anno dopo il quale l’impresa sarà recuperata da Francesco della Luna.

Il progetto iniziale del Brunelleschi è basato sul contrasto tra linee curve e linee rette: questa “lotta” fra rigidità e morbidezza è da inscrivere in una Firenze fortemente intrisa di filosofia e di studi sempre più rivolti a Platone. Le pagine del Timeo occupano uno spazio importante nella mente di coloro che si avviano a diventare artisti, personaggi intellettuali, politici come Coluccio Salutati, che esporranno concetti rimasti poi alla base del tessuto umanistico fiorentino, tessuto le cui trame si possono sfiorare ancora oggi e che sono tuttora particolare oggetto di studio degli universitari fiorentini.

Secondo quanto dice Platone nel Timeo, la proporzione che si instaura fra le misure del segmento e del cerchio è in grado di creare “una cosa sola di sé e delle cose degli altri”.

Questo è il punto di partenza del Brunelleschi, il punto di partenza dello Spedale degli Innocenti, la chiave di volta e di lettura su cui fonderà gran parte degli interventi operati a Firenze. I portici dello Spedale si sviluppano dunque partendo da forme rettilinee, le colonne, che invitano a percorrere una sorta di ascesa, anche solo con lo sguardo, verso le linee curve che ci avvicinano al mondo al di là, quello superiore, quello perfetto.

La dicotomia esistente fra “questo mondo” e “quel mondo” è richiamata anche dagli apparati decorativi dei capitelli, che da un lato presentano decorazioni fogliacee, rimandi alla natura terrena da cui provengono i bimbi abbandonati, mentre dall’altro lato abbiamo una conchiglia da cui nasce una vite, a simboleggiare la nuova vita cui accedono i bimbi, “abbandonati dalla madre e dal padre, e accolti dal signore” come recita il Salmo 23.1 inciso sulla rota degli Innocenti.

La rota era il pertugio in cui venivano messi i bambini, spesso durante la notte, lontano da occhi indiscreti; spesso ai trovatelli veniva poi dato un cognome il cui retaggio oggi è individuabile nei cognomi “Innocenti, Degl’Innocenti, Nocentini”, pratica che poi è stata interrotta al fine di non rendere evidente la provenienza incerta di alcuni soggetti.

Il loggiato degli Innocenti si apre sulla piazza in cui troneggia la statua equestre di Ferdinando I de’ Medici, opera del Giambologna.

Poco dopo la metà dell’800 allo Spedale furono necessarie opere di risanamento economico: per far fronte a questo problema il commissario Carlo Michelagnoli vendette le opere allora considerate di minor prestigio, conducendone così alcune nelle mani dei grandi collezionisti europei e che, dopo chissà quali inimmaginabili percorsi, giunsero nella collezione del Victoria and Albert Museum di Londra. Nel 1853 venne alla luce l’idea di costituire un museo, idea che si concretizzò negli anni ‘90 con l’apertura di tre locali nell’odierno “Cortile delle Donne”.

Da questo momento in poi  la storia del Museo si percorre attraverso grandi acquisizioni (come la “Madonna con Bambino e angelo” di Sandro Botticelli) e innovative ricollocazioni, come il trasferimento nella galleria al primo piano sopra il portico della facciata nel 1971, e infine l’inaugurazione del nuovo museo con tre diversi itinerari tematici nel giugno 2016.

Oggi trovano collocazione al suo interno vari centri per l’infanzia, case famiglia, centri per madri in difficoltà, uffici di ricerca UNICEF: la strada fatta da questa istituzione fiorentina è lunghissima ed ha condotto lo Spedale nel 1997 a diventare Centro Nazionale di documentazione e analisi sull’infanzia e l’adolescenza, riconosciuto come un punto importante di riferimento europeo e nazionale per la salvaguardia dei diritti dell’infanzia. Primo centro di accoglienza per neonati in Europa, lo Spedale e il suo loggiato meritano un passaggio in Santissima Annunziata un po’ più lento, al netto di tutti gli impegni della giornata: la regolarità, il contrasto gentile fra la pietra serena e il bianco di San Giovanni, la cupola che fa capolino da un lato e la vista verso i colli di campagna affacciandosi su Via Gino Capponi sono elementi cui almeno una volta, passando da lì, bisogna fare caso.

Daria Passaponti

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